Ugo, il barbone, era segretamente innamorato di una signora bellissima.
Ella abitava in una casa grande, alta, stupenda.
L’aveva conosciuta così.
Per caso, un giorno, girovagando, era entrato in questa magnifica dimora e l’aveva vista là, seduta, con il suo bambino in braccio, appoggiato, in piedi, sulle sue ginocchia.
Lei non si era scomposta. L’aveva fissato negli occhi in silenzio.
Lui aveva ricambiato lo sguardo, in silenzio.
“Com’è bella” aveva pensato. L’aveva contemplata a lungo, poi, commosso l’aveva salutata in silenzio ed era uscito dalla porta laterale, quella che di solito usano le vecchie serve.
Da quel giorno Ugo pensò a lei.
Girava per la città, beveva, non si lavava, offendeva anche quelli che non lo stimavano; ma quella signora lo aveva stregato. Ogni tanto, passando di là nel suo vagabondare, s’infilava di soppiatto nella casa, si metteva lungo il muro e la guardava come di nascosto. Talvolta, spavaldo e impertinente si poneva di fronte a lei, da lontano, e parlava con lei, senza dire una parola.
La trovava sempre così, col bambino in braccio, appoggiato alle ginocchia.
Seduta su una poltrona sontuosa. Dignitosa e semplice. Accogliente e silenziosa.
Pareva che lo aspettasse.
Si guardavano così. Entrambi muti.
Ugo usciva dalla casa e non era più lui.
D’estate fa caldo. Ugo, quel giorno di Luglio, decise di andare a trovarla ancora una volta. Teneva in mano un sacchetto di susine, le Regina Claudia. Ne era golosissimo.
Una vecchietta gentile gliele aveva regalate in cambio di un massaggio alla spalla malata.
Ugo, molto tempo prima aveva imparato a fare i massaggi e gli piaceva ancora farli, ai vecchi, ai bambini, agli uomini indaffarati ed ai giovani scapestrati, alle signore tristi ed alle trapeziste scanzonate.
Le trapeziste del circo… quando le massaggiava non si sarebbe mai fermato: avevano le gambe sode e ben tornite. Le sue mani correvano da sole e non si stancavano mai. Ricordava ancora il nome di una trapezista francese che aveva conosciuto in gioventù.
Si avviò col suo sacchetto verso la fontana conosciuta anche da Leonardo.
Il selciato di porfido della piazza gli buttò in faccia un soffio caldo. Che bella piazza!
Il nostro Ugo si era ripromesso di scriverci su una sinfonia… come Finlandia, come Ma Vlast; ma era un povero barbone e l’unico strumento che sapeva far suonare era il suo fischio, al quale accorrevano tutti i piccioni e le tortore che affollavano, non voluti, i balconi e le sporgenze del Palazzo del Podestà. Era più attraente del granturco.
Si bagnò la fronte infilandola sotto una cannella, tirò fuori le susine dal sacchetto, le lavò e incominciò a mangiarle con un gusto incredibile. Quand’ecco… vide una signora bionda con un bellissimo bambino in braccio, quasi bianco nei capelli, piccolo e con gli occhi grandi.
A gesti, Ugo chiese alla signora il permesso di offrire una susina al piccolo. La signora disse qualche parola in una lingua strana, forse svedese. Il bimbo accennò di sì.
Fu così che ad uno ad uno anche gli altri bambini che erano lì presenti si avvicinarono al vecchio barbone e gli chiesero una susina.
Un maschietto dal fare spicciativo, un altro timido, una rossa trecciuta ebbero la loro susina.
Infine una piccola, gli occhi azzurrini del mare di Sardegna, i capelli lisci e fini come gli spaghetti napoletani, avanzò verso di lui con le mani tese, una sopra l’altra, timorosa e audace.
Lo guardò di sotto in su supplice e certa al tempo stesso. Dio, che sguardo!
Ugo si voltò indietro e chiuse gli occhi. Le offrì una susina e si commosse.
Chissà se in Paradiso le bambine ci guardano così !?
Una piccola ballerina. Una mansarda. “Guarda, Ugo: io so ballare”. Ugo prende la chitarra e strimpella un semplice valzer. La piccola ballerina si muove a tempo.
“Gabriella, tua figlia è una ballerina bravissima. Bisogna mandarla a scuola!”
E così fu. Piano piano divenne maestra di danza e piano piano crebbe.
Ugo avrebbe voluto che diventasse una grande etoile.
Sognava già il giorno in cui l’avrebbe accompagnata alla Scala e lui, nel loggione avrebbe guardato tutti applaudirla e l’avrebbe aspettata all’uscita. Le avrebbe offerto la mantellina di pelliccia e l’avrebbe difesa da tutti quei gagà petulanti e birichini.
Lei aveva preferito diventare dentista. Con tenacia, con semplicità, determinata come sempre, ora costruiva degli apparecchi per i bambini paurosi e per i vecchi sdentati.
Ed anche lì era un’artista.
Un giorno aveva confidato ad Ugo che voleva correggere i denti storti facendo ballare la gente. Ugo era al settimo cielo. Già pensava alla scuola di danza per curare i denti storti.
Ugo continuava ad invecchiare e la ballerina diventava grande.
Come tutti sanno, le ballerine che diventano grandi, prima o poi incontrano un ballerino (beh, anche un non-ballerino) che le fa sognare. E si mettono a seguirlo. E’ la vita.
Ugo era molto contento, perché il ballerino della sua piccola amica era veramente un bel ballerino. Piccolo, ma tutto solido. Forte. Simpatico. E generoso.
Ugo si disse che non avrebbe mai visto la Scala dal loggione e non sarebbe passato neppure per la porta riservata agli artisti, un sogno infranto; ma era così contento a vedere la sua ballerina contenta.
Appoggiato alla colonna, in faccia a tutti, senza temere la derisione, come un bambino in prima fila, che non si vuol perdere lo spettacolo dei saltimbanchi alla festa del 4 Luglio a Boston, Ugo guarda i suoi giovani amici.
C’è anche la sua Signora, col suo bel bambino in braccio. Dall’alto guarda tutti, tutta quella gente entrata in casa sua per fare festa. Ugo guarda, si sposta, non può stare fermo.
Bella e vestita di bianco, la sua ballerina senza tutù, si alza ed offre i suoi fiori alla Signora e fa un inchino. Che grazia! Che gentilezza!
Ugo non ce la fa più. Neanche alla Scala avrebbe mai visto uno spettacolo così bello!
Rovescia le labbra all’ingiù e si nasconde il volto.
La ballerina lo riconosce fra i tanti amici, si volta e lo va a salutare. “Ugo” e lo bacia sulla guancia. Che onore!
La Signora è là, silenziosa. Ugo si mette di fronte. “Le affido la ballerina - sussurra in silenzio - è così felice!”
La vita riprende. Ugo il barbone gira ancora per la città.
Se lo vedete offritegli una susina. Regina Claudia, mi raccomando. Ne va ghiotto.
E, se ci riuscite, salutatelo con un bel “Ni hao”.
E non preoccupatevi se i suoi vecchi occhi cisposi diventano lucidi. Lui è contento.
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