giovedì, settembre 09, 2010

Jonathan

Tutto successe proprio così.
Una nave, una bellissima nave tutta parata a festa, con le bandiere di tutti i colori che correvano da poppa a prua, con le luci accese luminosissime, era ancorata nel porto di Valparaiso. Il nome della baia dice tutto da solo.
Il capitano della nave con la sua divisa bianca ed i bottoni d'oro stava dritto sul ponte, vicino alla cabina di pilotaggio, e guardava contento i passeggeri che salivano, eleganti, festosi, belli e sorridenti.
Alle 9 in punto la nave salpò, uscì dal porto salutata dalla sirena del faro e ricambiò il saluto.
Ne doveva fare di strada!
All'isola di Pasqua l'aspettavano per Natale, che come tutti sanno cade d'estate, mentre a Napoli cade d'inverno. Cade… non cade… come dire… beh, insomma quando da noi nel presepio c'è la neve, là invece c'è il sole.
Comunque…dopo Pasqua (l'isola) a Capodanno doveva arrivare a Papeete, poi bordeggiando bordeggiando era attesa per Pasqua a Perth. Tutto l'inverno, vale a dire tutta l'estate, avrebbe navigato nei mari del Sud.

Jonathan era salito con i suoi genitori. Piccolo piccolo camminava appena. Tutto il giorno giocava sul ponte della nave ed anche sotto il ponte, nella sala dei giochi.
Tutti ridevano, erano contenti.
Un vecchio delfino accompagnava la nave saltando di qua e di là, passando sotto la prua e sbucando ora a destra ora a sinistra della nave. Altri due delfini, giovani, la seguivano da lontano a proravia.
Tre gabbiani avevano seguito la nave per un giorno intero, poi erano tornati a riva.
Una tartaruga sbucò all'improvviso sul lato destro della nave un giorno di calma piatta. Si vedeva la sua corazza a pelo d'acqua.
Sole e caldo. Un venticello leggero accompagnò la nave per lunghi giorni.
Jonathan guardava ogni cosa stupito e contento.

Poi, un giorno, cominciò una nuvoletta, piccola, bianca.
Poi furono due, tre, quattro, poi le nuvole nere, il vento, la pioggia. Il mare si alzò, le onde diventarono grandi, molto grandi. E fu tempesta.
Fulmini, lampi. Sempre più vento. Tutti ebbero paura.
Il capitano tremava. Mise i motori al minimo e la nave fu preda del mare. La sballottò di qua, di là. Le passava sopra, l'alzava verso il cielo.
Non si capiva più niente. Non si vedeva più niente.
Il mare stava al posto del cielo e il cielo al posto del mare. I marinai chiamavano la Vergine delle Ande, le montagne sopra Valparaiso.
Il capitano in piedi al timone cercava di tenere dritta la nave.
Niente più stelle sopra la testa. Niente più sole. Buio e tempesta.
Dove finì la nave? Nessuno lo sa. Anche i satelliti non la trovavano più.
Giorni e giorni così, senza tregua, senza mangiare, perché veniva il vomito.

Una montagna improvvisa, un urto. E la nave si piegò.
Jonathan dormiva.
Il capitano lanciò il SOS. Poi tutto tacque.
In acqua solo relitti, e pezzi di barca qua e là.
Solo gli angeli custodi avevano visto e sapevano dove erano finiti i passeggeri: loro parlano ogni giorno con Dio e sanno tutto.
Jonathan si svegliò nell'acqua, con un salvagente addosso. Che freddo!
Il babbo? La mamma? E pianse. Piangeva, piangeva.
Neppure l'angelo custode riuscì a calmarlo. Pianse tutto il giorno. Poi si addormentò.

Una nave di passaggio lo vide, la mattina dopo. Aveva sentito il SOS. Era corsa a gran velocità. Altre navi erano corse. In mare, si sa, siamo tutti fratelli. Molti naufraghi erano stati raccolti. Anche il capitano.
I marinai tirarono su Jonathan con un uncino. Lo presero per la collottola, bagnato come un pulcino, fradicio come un pesce; ma era vivo.
Gli fecero una gran festa, lo coccolarono, gli diedero da mangiare, lo rivestirono tutto, un vecchio marinaio gli diede le sue mutande, pulite.
Jonathan dormì nella cabina del capitano, nel letto del capitano e fece la pipì nel letto del capitano. Bella riconoscenza!
Una mamma triste passava ogni giorno dal ponte di comando e sbirciava da un oblò questo bambino bellissimo con sette lentiggini sul viso, cinque a destra e due a sinistra.
Chissà perché era triste? E' un segreto. Solo il suo angelo custode, che parla ogni giorno con Dio, lo sa. E' un segreto suo e nessuno può saperlo.
Guardava Jonathan e sorrideva, lo guardava e piangeva.
Jonathan era rimasto solo. L'infermiera di bordo, una bellissima ragazza bionda con gli occhi profondi come il mare, gli faceva ogni giorno i massaggi. Le sue gambine nel mare erano diventate dure ed i piedi si erano piegati. Lo avevano ripescato molto a sud della Nuova Zelanda. Il freddo sofferto glieli aveva curvati tutti. Per questo il dottore aveva chiesto all'infermiera di prendersi un po' cura di lui.

Un bel giorno sbarcarono a Sidney fra canti di sirene.
E tutti tornarono a casa, salutando il capitano.
Jonathan li guardava, appoggiato al parapetto.
Chissà se il capitano l'avrebbe portato a casa con sé?
Ma il capitano scese, salutò i marinai, baciò la moglie che l'aspettava sulla banchina e se n'andò. Anche il capitano salvato scese dalla nave, salutò tutti, prese un taxi e si diresse verso l'Opera House.
Chissà se un marinaio lo avrebbe portato a casa sua? O l'infermiera così carina? O il dottore?
Tutti scesero e Jonathan era lì a guardarli tornare a casa.
Lui una casa non l'aveva più. Anche le gambe non lo tenevano mica tanto su.
Poi, una signora, la mamma triste, tornò indietro, seguita dal suo marito, un uomo forte, con delle mani grandi grandi ed un cuore ancora più grande. Lo prese in braccio senza parlare, lo strinse forte senza dire nulla, lo mise sulle spalle dell'uomo grande e andò a casa.
Jonathan imparò a chiamarla mamma. E lei, senza dire niente, imparò a non essere più triste.

Tutto successe così. Come mai, è un mistero che solo gli angeli custodi conoscono. Loro parlano ogni giorno con Dio.

Un vecchio mendicante sta seduto fuori dell'Ospedale, a sinistra della porta. Voleva diventare dottore, ma non ha potuto. Così sta lì, fuori, e guarda le persone che entrano e che escono e stende la mano per chiedere un aiuto.
Quando Jonathan entra per curarsi i piedini e le gambe, lo vede e lo saluta.
Il vecchio ama molto i bambini. Voleva averne tanti, essere babbo, andare in Africa a curarli, come dottore. Ma il suo angelo custode gli aveva detto in un orecchio che Gesù non voleva così, che voleva tenerlo lì, alla porta dell'Ospedale e gli aveva promesso in cambio che lui sarebbe stato come il babbo di tutti i bambini che passavano di lì. E il vecchio era rimasto lì e coi suoi occhi lucidi e un po' appannati guardava tutti i bambini che passavano di lì con le loro mamme bellissime (le mamme, come tutti sanno, in compagnia dei loro bambini sono bellissime) e zitto, allungava la mano per chiedere. E le mamme, che capiscono quasi come gli angeli custodi, lasciavano qualche volta che lui mettesse loro la mano sulla testa e li benedicesse in silenzio.

La prima volta che vide Jonathan gli disse: "Tu un giorno sarai un grande calciatore". E così fu.
Passarono gli anni e Jonathan divenne ogni giorno più forte e più felice. Le sue gambe dure ed i suoi piedi storti diventarono diritti e robusti. Giocava a pallone così bene che prima Zamorano, poi Maradona, poi Pelè, il magico Pelè, o Rey, vennero a vederlo giocare.
Infine Trapattoni, il CT della Nazionale tre volte campione del mondo, lo mandò a chiamare e lo mise in squadra.
Nel Campionato del Mondo del 2010, a Rio de Janeiro, nella finale contro il Brasile, fu proprio Jonathan a segnare il golden goal che portò il titolo all'Italia. La Germania arrivò quarta, dietro il Cameroun. Dell'Inghilterra è meglio non parlare.

Andò proprio così.
Quel giorno fuori del glorioso Maracanà, il vecchio mendicante aspettò Jonathan, che uscì dagli spogliatoi circondato dai giornalisti di tutto il mondo.
Jonathan lo vide, tirò fuori della sua sacca una piadina col prosciutto e gliela diede.
"L'ho fatta io - gli disse - A Natale ti aspetto a casa mia".
"Sii felice" lo benedisse il vecchio mendicante.

Fu lui a raccontarmi questa storia, seduto al tavolo di un'osteria.
Che mistero è la vita!
E' un mistero che solo gli angeli custodi conoscono.
Essi contemplano tutto il giorno il volto di Dio.

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