giovedì, settembre 09, 2010

Elena

"Coraggio, è ora di sciogliere le vele ed andare a caccia di balene!"
Oggi, da Perkins Cave, parte solo un battello per turisti. Nello stesso tempo che il mozzo impiega per raggiungere dalla sua piccola città sul mare il bel capoluogo di S. Zeno, la piccola barca incontra la rotta delle balene.
"La prossima volta andremo a vederle". Ma non ci sarà più una prossima volta.
Le balene gli sfuggirono anche allora.
Il piccolo mozzo, diventato capitano di lungo corso senza mai aver comandato una nave, rimase lì, col cuore gonfio e gli occhi alle balene che non vide mai.
Che strani desideri mette il Grande Spirito nel cuore dei mozzi!
Amava tanto il mare e ne soffriva le onde.
Può un vecchio ed onorato capitano provare la nausea appena esce dal porto?
Eppure aveva solcato i sette mari più e più volte. Aveva doppiato Capo Horn col sole acceso ed al tempo delle castagne, aveva contemplato Buona Speranza con gli occhi lucidi ed il pianto trattenuto (un vero capitano non permette mai alle sue lacrime di spingersi fino alla barba), si era riempito il cuore e la pancia dei colori e dei frutti delle Isole Tonga. Non disdegnava neppure di spingersi fino a Pola per vedere il suo mare dall'altra parte.
E non si era mai mosso dalla sua piccola città.
Tutto accadeva nel suo bagno, seduto sul bordo della vasca, un gran libro colorato sulle ginocchia.
Si era spinto perfino, in un inverno durissimo, alle Isole Svalbard!
Prima o poi avrebbe accarezzato la coda alle balene. Oh sì!
Negli ultimi anni, prima della pensione, gli era stata offerta l'opportunità di salire sul Voyager ed era andato così, per le stelle, a cavalcioni della piccola sonda, stando attento a non rovinare il giroscopio e l'antenna che raccontava tutto ai suoi amici rimasti sulla piccola Terra, nella piccola città in riva al suo piccolo mare.
Tutto questo stando seduto sul bidè con un grande libro sulle ginocchia pieno pieno di stelle colorate.

Questo grande capitano, che si era ammirato tante volte nella bianca divisa della Marina allo specchio del suo piccolo bagno in cima ad un monte da cui si vedeva il mare, aveva una nipote, la prima che gli era capitata, una femmina, come lui aveva sempre desiderato, e con un nome che lui aveva sempre amato.
Dalla piccola barca di carta da quaderno, salpata una bella mattina di maggio dal bordo della sua zangola mentre la mamma gli insaponava i capelli, al suo grande veliero, che aveva fatto impallidire l'Amerigo Vespucci…su tutti i suoi vascelli aveva fatto scrivere quel nome.
Il nome di una grande imperatrice, che, si diceva, avesse perso tutto il suo tempo, la sua favolosa bellezza, il suo immenso potere ed i suoi soldi per tirar fuori della terra un pezzo di legno sul quale uno sconosciuto galileo aveva finito i suoi giorni, accusato, ingiustamente, di voler rendere gli uomini felici e per questo, giustamente, punito e messo a morte. Chi credeva d'essere costui?!
Ciò che comunque lo convinse a far scrivere a lettere d'oro sulla prua, di fianco alla polena più bella che abbia mai solcato i mari, quel nome, fu l'incontro con una giovane saggia signora, che non aveva mai solcato i mari se non in cartolina (quelle vecchie cartoline in bianco e nero colorate in studio).
Questa signora lo incontrò mozzo sperduto (nuotava sì e no con il salvagente) e ne aveva fatto un capitano, con tanto di barba bianca e sguardo tenero.
Si erano incontrati così, per caso, lungo i filari, nella bassa della città che si divide in "de sùra e de sòta".
Era capitato lì, timoroso anche dei gamberetti e dei becconi (che, come tutti sanno, li mette in padella anche un neonato!). Lo aveva portato in casa, guardato ben bene e gli aveva detto: "Beh, torna quando avrai deciso di diventare un capitano".
L'aveva un po' messo alla porta. Ma non lo abbandonò più.
Lo invitò a pranzo con gli amici, gli offrì lo strano privilegio di entrare nella sua cameretta così linda discreta e misteriosa, come la cabina di una nave.
Lei lo guardava e lo ascoltava. Lui pendeva dalle sue labbra.
Fu lì che iniziò la sua carriera.
"Vedi - gli disse un giorno - tu raggiungerai il tuo destino, non "nonostante", ma "attraverso" il tuo mal di mare".
E lo accompagnò per mano, prima a guardare negli occhi le conchiglie, quelle belle sulla riva del mare e quelle rotte, poi lo invitò a stupirsi dei garagòli, poi, un giorno, gli preparò un ottimo risotto ai calamari, lo riportò a fare un giro col moscone e lo rigettò, ridendo, nell'acqua profonda, quella che gli stringeva il cuore da ogni parte.
Lo affidò ad un buon nostromo e lo fece salire su un peschereccio.
Ogni tanto lo ricevette ancora nella sua cameretta. Lo fece entrare nella sua famiglia e gli mostrò anche l'incubatrice dei pulcini. La sua grande fattoria (ma molto più piccola del suo cuore) fu la seconda casa del giovane mozzo.
Ovunque andasse, qualsiasi mare solcasse (era arrivato - in carne ed ossa - ad aprire la sua bocca - e gli era mancato il respiro - di fronte all'Oceano di tutti gli Oceani, quello che di là - ma molto di là - sfiora la terra delle grandi foreste e dei grandi fiumi, delle imponenti cascate e delle bianchissime montagne; aveva visto perfino le stelle su Hong Kong!) seduto sulla vasca di casa o davanti alla maestà del Monte Bianco, la casa della saggia signora era la sua casa.
Di fronte all'immensità delle spiagge atlantiche, perduto nei boschi del New England, seduto sulla corriera di Bonelli o compunto e silenzioso sui viali di Miss Italia, quel nome gli risuonava sempre nella mente e nel cuore.

I veri capitani diventano capaci di riconoscenza. Dicono semplicemente: "È così!"
I gradi di capitano non si meritano mai.
Sono dati.
Così.
Gratis.
Ed uno si ritrova capitano senza nemmeno accorgersi. E tutti ti salutano e ti ammirano nella bianca divisa che non sfigura nemmeno di fianco a quella di S. Pietro. Anche in maniche corte, quando il sole, se non l'etichetta, ti concede di stringere la mano al Presidente e di condurlo ad onorare il tuo equipaggio e la tua mensa.

Il vecchio capitano di lungo corso ed il giovane mozzo, che sa appena condurre il moscone, ha scritto quel nome sulla sua nave, una nave segreta, ben custodita dentro un porto ben protetto, con una prua ben orientata, che batte ogni giorno, ogni istante, ogni notte insonne o serena, con la pioggia, sotto il sole, fino a quando, stanca e compiuta, farà mostra di sé nel Porto dei Porti.
Che non è il piccolo bagno di casa.
Dove ogni mattina pur salpa.

Ad Maiorem Dei Gloriam

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