martedì, ottobre 31, 2023

La porta di casa


“San Francesco chiamava la morte, la chiamava sorella, perché la morte non è più dove uno si sfracella dentro per sempre; è come la porta di casa. Io me la ricordo la porta di casa mia, è un pezzo che non vado più a casa, me la ricordo tutta nei minimi particolari, di legno con quel vetro. Me la ricordo come fosse qui davanti a me. la porta di casa. Perché? Suonando il campanello mi veniva ad aprire la mia mamma, il mio babbo, i miei fratelli: entravo nella familiarità; la morte è la stessa cosa, è diventata la porta di casa. Perché noi veniamo dal cielo e torniamo nella patria celeste, cioè il Paradiso”.
 
Rosario ha fatto in tempo a compiere 50 anni, appena in tempo, in un letto d’ospedale, in un lago di sudore e 42 di febbre. 11 giorni di agonia, sperando, combattendo contro la leucemia e facendo una morte orribile, come se qualcosa svuotasse il suo corpo da dentro, riducendo il suo corpo a ossa, lui che era un bell’uomo, giovane, orgoglioso dei suoi figli e della sua donna che amava, riamato.
Una vita non facile, fatta di povertà, dolore, espedienti, lavoretti e tanta dignità.
 
“Io combatto, non mi arrendo. Anche oggi tante sacche di sangue, ma non sanno cosa fare” aveva detto a un amico dall’ospedale
 
Bubi lo aveva presentato al “Signor Stefano”, un amico, un piccolo imprenditore alcuni anni fa, per aiutare lui e la famiglia in difficoltà. La possibilità di un lavoro, qualcosa. Sette anni fa. Aveva cominciato qualche volta, a chiamata. Via via era cresciuta la stima e l’amicizia, la gratitudine e l’impegno. Rosario aveva ritrovato dignità. A volte saltava il lavoro, a volte non si presentava e il “Signor Stefano”, paziente, con un grande cuore e lo sguardo acuto gli aveva dato responsabilità. Rosario era rinato, ricambiando la fiducia, mostrando ai figli tutte le cose belle che riusciva a fare con gli altri colleghi, nelle fiere e andava imparando con passione il nome delle piante che sistemava con cura negli stand.
 
Nemmeno il “Signor Stefano” conosceva tutte le persone che Rosario conosceva, dalle bariste del bar in cui prendeva il caffè a tutti quelli che girano intorno a una Fiera. Si alzava puntuale, viaggiava in tutta Italia, mandava foto ai suoi figli: i piatti buoni che gustava, le macchine belle che aveva visto esposte, i lavori che faceva coi suoi compagni. Era rinato, contento. Nemmeno i suoi genitori erano riusciti a dargli quello che ora aveva. Nessuno lo aveva mai valorizzato così.
 
Il Signor Stefano, infine, contento e grato, gli aveva firmato il contratto a tempo indeterminato. La sicurezza economica dopo tanto penare, un’amicizia piena di rispetto e di affetto.
 
Adesso… la terribile malattia lo aveva ghermito, quasi a vendicarsi di tanto onore e di tanta felicità.
“Non si può morire così, è meglio il cancro” ripete attonita sua moglie, la Giovanna, che l’ha seguito come la Madonna sul Calvario, ogni giorno. L’ha visto disfarsi, sotto i suoi occhi, urlando per strada, chiedendo la compagnia di Padre Stefano (Bubi), che non si è mai negato, non l’ha mai lasciata sola. “Ma Gesù c’è, è presente e dice: “Giovanna, non piangere”. Bubi le ha detto un giorno: “Rosario, aveva appena imparato che cos’è il paradiso e Dio lo ha chiamato, gli ha detto: “Vieni a casa”.
 
Stamattina siamo qui: quanta gente! Figli, fratelli, parenti, amici, colleghi e il Signor Stefano. La Giovanna è in piedi tutta la Messa vicino a lui nella bara e ogni tanto si piega su di essa piangendo e poggiando il capo ai piedi di lui. Il fratello grande di Rosario le sta vicino in piedi.
 
Rosario era di Napoli. Sua figlia piccola, “più romagnola che napoletana” come la nominava scherzosamente, legge una lettera al papà indimenticabile. Il pianto si scioglie in un abbraccio. La sorella grande ricorda fra le lacrime la promessa fatta a Rosario sul letto di morte: aiuterò i miei fratelli costi quel che costi.
 
“È un saluto, un addio, A Dio, quindi coraggio, Giovanna, non sei sola. Coraggio!
Perché noi veniamo dal Cielo e torniamo alla patria celeste. Il catechismo ci fa dire: “Che cos’è il Paradiso? Il Paradiso è il godimento eterno di Dio, nostra felicità e in Lui di ogni bene, senza alcun male”.
 
Coraggio, Giovanna, non sei sola. Non siamo soli”.



lunedì, ottobre 23, 2023

In fondo cosa sono 99 anni?!

I numeri della Tombola finiscono col 90.

La vite degli uomini ne contempla diversi: o pochi o tanti; c'è anche una media, variabile di tempo in tempo.
Il nostro Maestro ne compie 99. Proprio oggi. 

Sua moglie non c'è più, ma i suoi tre figli ci sono. Grandi ormai ed un nipote.
Il cielo è sereno. E' ancora caldo a fine ottobre. Quest'anno va così.

E' tutto pronto. Si dispongono i tavoli e le sedie tutt'intorno, nella sala grande con le carrozzine. E' un compleanno di bambini che furono. 99 il Maestro e 90 una signora gentile, che tace sempre, circondata dalle figlie.


E poi tutti gli altri fanno corona, gli ospiti della Casa Quisisana, vicino al treno e al Metromare, nella quiete della spiaggia vicina e di un'estate che non vuole finire più, ci sembra, mentre intorno lingue e idiomi si mescolano strani a creare l'Italiano dei nostri futuri nipoti.


Noi siamo qui, anziani fra anziani, chi ospite e chi no, venuto da casa a far festa, con canti e balli, palloncini e torta e un buffet da capogiro.


Che belli i compleanni dei vecchi! I ricordi la fanno da padroni e le lacrime di commozione al rivedere i volti che non sono più quelli di una volta, ma sono proprio loro. La Tata, i figli, gli amici, gli scolari che una volta portavano il grembiule nero ed ora il doppiopetto e la cravatta, con loro le mogli.


Chissà che dal Paradiso non ci guardi qualcuno che c'era e non c'è più! "Dov'è Giovanni, l'allievo che, diventato barbiere, mi ha sempre tagliato i capelli?" 

Le lacrime si alternano ai sorrisi, i baci alla tristezza e al ricordo. I palloncini ignari si muovono indifferenti, legati al filo che li unisce in lungo corteo di colori

Gli amici cantano le canzoni di una storia comune. Quel "Vecchio scarpone" così caro al Maestro non lo sa cantare nessuno; ma quando s'intona "Mamma" è tutta un'esplosione di voci e di suoni. La base musicale ci richiama la Sanremo di Beniamino Gigli. 

E' tutto un crepitio di stupore, di balli, di saluti, di piatti con mille sapori. Chissà chi mangerà tanta roba! Ecco è l'ora dei regali.

La torta rosazzurra in onore del Maestro e della Signora silenziosa conclude la festa. Saluti, abbracci, richiami, promesse, rinnovo di auguri: "Al prossimo anno, a 100!". Un piccolo passo ancora, un semplice giro di valzer e il prossimo ottobre si compirà il Secolo. 

Maestro, tenga botta! Ormai ci siamo...




venerdì, ottobre 20, 2023

Fu tutto un caso...o forse no!

Quel giorno il materasso per l'amico infermo non andava bene e non lo comperarono. Erano venuti qui apposta.

Quella sera decisero di andare a salutare la famiglia che conoscevano proprio qui vicino e andarono a mangiare nell'attesa. Un'amica li aveva portati al "Coniglio". Avevano già saldato il conto e dovevano già essere di ritorno casa. Si erano trattenuti un poco a parlare con la famiglia amica.

Quella notte un ragazzo aveva fatto festa con gli amici da suo padre. Era tornato indietro per portare un po' di pizza ai suoi, che non c'era più. Era ripartito in fretta; la sua moto sfrecciava sull'asfalto d'estate.

Una botta, un tonfo.

Quella notte le macchine erano ferme al semaforo rosso. Uscirono alcuni al rumore e videro una massa senza forma nel buio. Andarono incontro con le luci dei cellulari. Fermi! E tutto si fermò.

Due preti si chinarono a dirgli: "Non sei solo, Gesù ti vuole bene". Il cuore batteva ancora, la gamba non c'era più. Gli diedero l'assoluzione e tutto finì.

Un grande dolore e una rinascita quel giorno.

Quel giorno fu tutto un caso o forse doveva accadere così. Fu un miracolo, si disse.

Il tempo passa, il dolore continua. Il dolore di un padre non ha confine.

Conselice è sotto Ravenna, Romagna bassa, ma il vescovo è di Imola. Stasera quel padre, il fratello e un amico sono andati a trovare quei preti "del caso", che non dovevano trovarsi lì, quella notte, a quell'ora eppure c'erano, accogliendo per conto di Gesù quel figlio che correva. 

Il Covid ha colpito duro anche qui: li aveva tutti chiusi in se stessi. L'alluvione ha schiantato questa gente, ma sono rinati solidali, aiutandosi.

Hanno mangiato insieme, si sono raccontati. Cosa è successo fra loro nessuno lo sa tranne loro. E' gente-gente. 

L'amico ha dormito all'andata e al ritorno: è stanco, come ogni prete che si rispetti. Il fratello guida. Quel padre ripete: "Stasera vengo a casa rafforzato".