giovedì, dicembre 16, 2010

Matilde impara a nuotare

“Io un pesce così non l’ho mai visto da queste parti – disse lo scorfano alla moglie che lo stava accompagnando nella passeggiata pomeridiana nelle azzurre acque limpidissime della baia di Orosei in una splendida giornata di fine agosto – e dire che sono nato qui ed ho viaggiato per mari e mari, fino al Mare Cinese Meridionale e alle Isole Tonga. Mai visto! Proprio mai visto!” Si accarezzò il mento con la pinna destra, con quel fare che aveva imparato dal suo capobranco, quando, ancora giovanissimo, nuoticchiava sotto costa.
“Davvero strano! – confermò la moglie scorfana, un poco snob – Ha due pinne lunghe e rotondette con cinque strane lingue all’estremità. E quel ciuffo di peli biondo in testa, che si agita nell’acqua, con quella strana coda doppia che si muove su e giù e una striscia colorata che divide il davanti dal dietro. Bah! Che gusto! Nulla a che vedere con noi. Deve essere straniero. Chissà di che razza e di che paese è…? Bah! Andiamo, caro.”
Il mare, saggio, non commentò e continuò a cullare quella strana creatura che galleggiava e si agitava sul pelo dell’acqua. I pesci sono muti; ma questo gridava, rideva, chiamava, schizzava, usciva, rientrava … Davvero strano! I pesci si muovono nell’acqua andando su e giù, facendo piroette o procedendo diritti; questo era steso e dopo un po’ stava diritto. Camminava! Camminava! Usciva dal mare e si stendeva sulla sabbia, si metteva a pancia su e si lasciava scaldare dal sole, si strofinava uno straccio addosso e poi … parlava da solo! Seduto nell’acqua bassa, guardava l’orizzonte e cominciava a raccontare – chissà a chi – tante cose che solo lui sapeva. E ancora in acqua. Ancora fuori. Di nuovo a bagno. Ancora al sole. Senza stancarsi mai. Un pesce davvero strano, sicuramente originale.
Il mare è esperto. Non lo turba nessuno, tranne il vento di tramontana o di scirocco, che lo fa agitare non poco … e quando il mare è agitato, sono guai per tutti.
Matilde sapeva prenderlo con le buone. Lei entrava in acqua e lui – puff – si calmava. Le onde diventavano via via più gentili e dolci. Il mare amava Matilde. E chi non si sarebbe innamorato di un pesce così? Veniva dal Continente, dall’altra parte di sé, dove le sue onde sbattevano su altre spiagge e rocce. Lui la aspettava ogni anno, contava i giorni. Come fa il mare a contare i giorni? Semplice: guarda la luna. Una luna, due lune … e così via fino a quando, dopo la luna più calda dell’anno, arrivava Matilde. Puntuale. Scendeva da una strana carrozza di acciaio e plastica, con qualche parte in vetro, ultima e coccolata di una famiglia di esseri strani: un maschio e una femmina grandi, un maschio e una femmina a metà, un piccolo maschio magro e dispettoso e lei, principessa covanido.
Matilde amava il mare, lo accarezzava, lo abbracciava, lo provocava. Da sola restava sotto costa; con il babbo osava di più: non sapeva ancora nuotare bene bene. Era un po’ intimorita dal mare, per quanto Anna, la sua maestra “nuotatora”, la invitasse a lasciarsi andare: “Allunga le mani avanti!". “Testa sott’acqua!”. “Fuori l’aria!”. “Fa' le bolle!”. Giorno dopo giorno, su ogni spiaggia, nelle Piscine di Venere o a Cala Liparota, Matilde imparava a nuotare. Acque basse o profondissime, con i braccioli o “nature”, col costumino e i capelli biondi, lei sguazzava nell’acqua proprio come un pesce. Il mare la considerava un pesce. E tanto basta.
Aveva adottato come amico un vecchio marinaio in pensione, che non aveva mai navigato perché – diceva – soffriva di mal di mare. Era, per così dire, un marinaio di desiderio. Sapeva galleggiare e niente più. Matilde - chissà perché – lo capiva e molto bene. Vegliava su di lui. Quando si lamentava per il mal di pancia, gli consigliava una cura alle banane, quando lo vedeva triste e pensieroso, si sedeva di fianco in silenzio. Lo vedeva e lo salutava. Gli aveva perfino consegnato un tesoro, i suoi ultimi settanta centesimi, poco prima di ripartire. Quale mistero mai lo aveva trattenuto dal prendere il largo e diventare comandante di corvetta? Mal di mare? Ma va! Se quella volta, correndo sul gommone a motore lo aveva sorpreso dirigere, con lo sguardo fisso e deciso, le onde e le rocce che scorrevano folli, quasi fossero un’orchestra che suonava solo nella sua testa. Lui era commosso per questa tenera amicizia infantile. Era come se ritornasse al tempo in cui giocava e scherzava con Elisabetta, la sua amica dai capelli neri a trecce, che ora non c’era più. Un male cattivo l’aveva portata via; e lui era sempre lì col pensiero. Forse non era partito per lei. Chissà? Ora c’era Matilde. “Dio chiude una porta e apre un portone”.
Il pesce Matilde aveva, come sorella, una sirena, che tutti i pesci del mare attorno ad Orosei venivano a galla, con una scusa o un’altra, solo per vedere. I pesci maschi, s’intende, perché le pescioline o le pesciolone ne erano invidiose e venivano a richiamare i loro svergognati battendo il muso sul loro muso. Zitte, ma con degli occhi che dicevano tutto. Quando si sdraiava sulla spiaggia con un foulard sulla testa, si faceva un improvviso silenzio. Niente vento, le onde sciabordavano leggere, e i gabbiani volteggiavano con degli stupiti “Oooh”. Una sirena, lo sapevano anche gli antichi, vive fra terra e mare. Donna e pesce. Lei era come tutte; ma in una notte di luna piena, con i calamaretti che cantavano in suo onore, uno piccolino, per troppa confidenza, le era entrato in un orecchio e, agitandosi per la contentezza, glielo aveva scorticato un po’; e adesso lei non poteva più scendere in acqua. Per poco, le aveva assicurato l’astice protomedico, che l’aveva presa in cura gratis per pura ammirazione e che si riteneva onorato di essere il cerusico della più bella di tutti i mari, a sua memoria, in una lunga e onorata carriera.
Un tricheco di lungo corso, che conosceva le cose del mondo, buono e astuto insieme, si adagiava sulla sabbia all’ombra di un ombrellone da turista, inforcava gli occhiali e iniziava a leggere le notizie di Borsa e qualche curiosità mondana. Matilde allora gli si sedeva vicino in silenzio. Fra loro c’erano molta complicità e tanta familiarità. Lei piccola, lui grosso. Senza problemi, come due vecchi amici. In silenzio. Poi lei si alzava, girovagava, parlottava e ritornava a sedersi. Di fianco a lui. A volte era il tricheco che si sedeva vicino a lei e la stuzzicava. Matilde, semplice e intelligente, gli rispondeva per le rime. La mamma silenziosa vegliava, mentre i fratelli giocavano a bocce e il più piccolo vinceva sempre! Nessun problema per il più grande: lui era comunque il più grande. Il babbo era un artista e registrava tutto: albe, tramonti, rocce, flutti, mura, case e belle ragazze. Sembrava Eta Beta: chissà da dove, all’improvviso tirava fuori la sua fotocamera e clic clic, clicchete clic. Veloce come un fulmine, immortalava tutto.
Due delfini con gli occhiali, lui architetto provetto, lei amministratore delegato di casa sua, due coniugi temprati a ogni avversità, le giocavano attorno. Matilde ricambiava. Scherzavano. Loro sanno nuotare. Per forza: sono nati in mare! Le spruzzavano acqua sulla faccia, le giravano attorno, poi via verso il mare aperto e tornano indietro. Giocavano con lei, come fanno tutti i delfini di questo mondo.
Ecco, Il sole si sveglia, si alza, si stira un po’ e poi comincia il suo lavoro: illumina il cielo, il mare, la terra, le piante, gli insetti e le formiche. Tutto il giorno. Ogni giorno. Sull’altalena o sul muretto, Matilde osserva. Tacita e attenta. E parla tra sé. Racconta. A chi? Mistero. Qualcuno l’ascolta, ne è certa.
Di sera, in paese, osserva, domanda.
“Che bello!" “Quanto costa?” Il braccialettino dell’uomo nero è davvero affascinante.
“Quandi soldi hai?”
Nella sua piccola mano aperta spuntano cinquanta centesimi.
“Oh no! Sono boghi. Bosso dardelo ber 1 Euro”. Lei, via dal babbo. Con l’euro del babbo, ha il braccialetto e ancora il suo soldino. E via in un’altra bancarella dove un braccialetto turchese l’affascina. E poi un altro, un altro ancora. “Basta, Matilde! Andiamo a dormire”.
O in mare o in piscina, Matilde è sempre in acqua. Alla fine le cresceranno le squame. Ma no! Le bambine non diventano mai pesci! Sono nate bambine!
Le bambine vanno a scuola. Ora indossa un bel grembiule. Tutto blu. Come il mare. Bionda, zitta, sdraiata sul pavimento come sulla spiaggia, Matilde ascolta e guarda. A cavallo di un’amica, le tiene i capelli come una sirenetta che cavalchi un tritone; accenna un saluto con la mano e continua a seguire i suoi compagni di scuola; disincantata, continua a parlare tra sé e sé.
Matilde sta imparando a nuotare. In acqua o in terra, Matilde sta diventando grande.