martedì, settembre 10, 2024

Apri bene il cuore e gli occhi


Lo strano inaspettato viaggio a Hong Kong e Taipei

Hong Kong, 9.12.1998

Al di sopra dell’Himalaja, in un posto dove non può vivere nessuno, tanto è bianco e freddo, ho parlato con la prima persona cinese, un bambino, di nome Chess Ti: così suonava alle mie orecchie la parola che mi diceva. Ma non sono ben sicuro di avere capito: scuoteva la testa di continuo e ripeteva.

La prima cosa che mi ha colpito anche all’aeroporto di Hong Kong è stata l’assoluta incomprensione da parte mia dei suoni che uscivano dagli altoparlanti, oltre alla grandiosità, ed in qualche modo la bellezza di questo nuovo aeroporto.

La seconda cosa che mi ha spiazzato è stato il costo della camera al Caritas Bianchi Lodge per dormire più (offerta) prima colazione. “Vedi a non conoscere l’Inglese?” mi sono detto. Beh, stanco morto, fuso dal fuso, suonato come una campana, ho dovuto scucire anticipatamente per una settimana 2660 dollari di Hong Kong, che ad un cambio da amico di 7,80/1 dollaro americano fa la bellezza di lire italiane 572.000 pari a 82.000 circa per notte.

Per me, che non sono abituato a viaggiare, è stata una bella sorpresa!

Così una buona fetta del mio budget si è involata.

Mi sono subito tornate alla mente le parole di Bruno: ”Apri bene il cuore e gli occhi”!

Padre Francis è molto cordiale. E’ venuto a prendermi all’aeroporto, poi con l’autobus siamo venuti a Kowloon, la parte continentale di Hong Kong, in pieno quartiere cinese, dove è la sua parrocchia. Sono Salesiani. C’è anche una scuola tecnica.

Sono riuscito anche a partecipare alla Messa. Ieri era la solennità dell’Immacolata. Io mi sono messo sotto la protezione della Madonna ed è stato per me commovente aver potuto festeggiare in Cina questa festa.

Non ho capito niente, tranne “Alleluia” e “Maria”; ma che la nostra fede vada bene anche in Cina mi ha confortato molto. L’8 Dicembre qui è giorno feriale. La gente lavora, perciò la Messa è stata detta la sera.

Poi c’è stata una piccola festa, a base di cibo cinese: molto buono. Ho provato ad usare i bastoncini: gliel’ho fatta una volta. Poi mi hanno offerto una forchetta. Involtini Primavera e vari impasti di riso. “Tortellini” di carne e riso, dolci salati e tè. E’ tutto un altro mondo. Però ci sanno fare.

Una signora si è presentata: Cecilia Lee. Un’altra mi ha chiesto la differenza fra i massaggi cinesi e quelli occidentali. La sensazione di trovarsi in un posto in cui per provare a capirci qualcosa puoi fidarti solo dei tuoi occhi perché i suoni che ti raggiungono sono tutt’al più una strana musica è un po’ disarmante.

Anche le parole scritte sono strani disegnini e le facce non tradiscono le emozioni che già conosco.

Sono in mare aperto e senza neppure una barchetta. Aggrappato ad una tavola provo a tornare a riva.

Fra venti giorni saprò se sarò sopravvissuto o se questo diario sarà letto ad memoriam.

Il jet lag ha colpito ancora. Spero di riprendermi prima di affogare.

Ad onta del mio spiritualismo la realtà è molto concreta. Dio salvi la Regina. O meglio: Dio salvi Cecco!

P.S. Se non altro ho avuto la consolazione di vedere dei telefoni a gettone digitali con schermi a cristalli liquidi. Roba che in Italia neppure ce li sogniamo. Ed ho scoperto che la telecamera digitale SONY che tanto piace al Dott. Ricci costa 2.100.000 lire e non 3.000.000 e passa come nel nostro Bel Paese!!!

Stanotte ho sognato don Giancarlo che era venuto ad Hong Kong con alcuni nostri amici e mi chiedeva: “Perché non sei venuto con noi?”.

My first time I walk alone in the streets of HK. It’s not so difficult.

Ho imparato, a colazione, l’ideogramma di “fritto”: era l’unico che ricorreva costante nel menù. Non ho avuto il coraggio di fare la colazione orientale; ma ho visto come si fa. Noodle, cioè spaghetti scuri da prendere su con i bastoncini ed una tazza di liquido bianco (latte?) da prendere con un cucchiaio di porcellana tipico ed una strana bevanda scura (tè?).

Prima o poi ci provo.

C’è un chiasso terribile nelle strade e l’aria si respira, ma un po’ a fatica.

Delle ragazzine carine, tutte in divisa grigia, passano per la strada. Tutti gli studenti e le studentesse, qui, vanno a scuola in divisa. E’ molto bello ed ordinato.

Armature di bambù sostituiscono i nostri Tubi Innocenti. Sono molto belle, leggere e tenaci. Sono legate con strisce di plastica. In poco tempo possono essere messe su e smontate.

Il palazzo della Municipalità di Kowloon è molto bello e tutta l’area circostante che guarda in faccia l’isola di Hong Kong è moderna. Sono rimasto affascinato dall’Auditorium. Non si poteva visitare il Teatro vero e proprio, ma il foyer è imponente ed architettonicamente molto elegante. Sono rimasto emozionato. Vorrei tanto assistere ad un concerto. Come tutti i miei desideri andrà deluso, come in America.

Lì dentro, finalmente, un po’ di silenzio.

La città è rumorosissima e tutti vanno di corsa, anche le donne anziane col bastone, accompagnate dalle nipoti.

Il parco davanti all’ex Museo della Storia di Hong Kong è splendido. All’occidentale, tipicamente inglese, è un’oasi verde e silenziosa nella città. (Nota postuma: in realtà, come scoprirò poi, è uno stupendo giardino tipicamente cinese). Fontane, scalinatelle, giardini. Il Museo è chiuso. Non è più necessario ora. Al Museo delle Arti, in compenso, una mostra spiega come dalla Cina per tutto il mondo si è diffusa l’arte dell’astronomia, della fabbricazione della carta, della stampa, della bussola, della polvere da sparo, dell’agricoltura, della tessitura, della ceramica, della metallurgia, delle macchine idrauliche ecc. “Heavenly Creations” si chiama.

Con una bellissima vista sul centro di Hong Kong, la mostra sui reperti egiziani del British Museum di Londra è assolutamente da visitare. Peccato che Padre Francis abbia fretta!

Una sezione speciale, in forma di gioco, fa ripercorrere ai ragazzi quello che si vede nella mostra. Mi è venuta in mente la Nadia. Avrei voluto tanto averla vicina. Se riesco a tornare alla Mostra voglio proprio portarle qualcosa. Anche se non si occupa più delle mostre al Meeting, la sua esperienza e la sua sensibilità avrebbero certo da dire qualcosa. E’ la prima persona cui ho pensato con nostalgia.

1.600.000 bambini e ragazzi danno un tono inconfondibile ad Hong Kong. Finalmente li si vede!! Su sette milioni di abitanti si fanno notare. Come in Palestina. Solo che qui sono tutti belli, ordinati, all’inglese come i giardini. E sono belli, molto belli. Ed hanno uno sguardo malandrino come quelli napoletani.

Hanno gli occhi a mandorla e parlano sempre forte. Solo le ragazzine sono compunte e scrivono. Si danno da dire, come le italiane. Però non si capisce niente. Ed anche se ci provi devi arrenderti. Come con i bastoncini per mangiare. Devi scegliere se mangiare o imparare ad usarli. E’ bene imparare: è un’arte. Tutto qui è un’arte. Una però sopravanza tutte le altre oggi: commerciare.

E’ pieno di banche e negozi. Il Natale tarda ad arrivare perché il porto è secondo per smercio solo ad Amsterdam; ma anche qui la crisi mondiale si fa sentire e molti hanno perso il lavoro e le fabbriche si stanno spostando nella Cina continentale: è più conveniente. Così la bellissima Hong Kong si sta riassestando.

Un grattacielo rosa e azzurro in acciaio e specchio si staglia stupendo su Kowloon e tre tunnel sottomarini uniscono la terraferma all’isola di Hong Kong, che si potrebbe raggiungere anche a nuoto, tanto è vicina; mentre la stazione ferroviaria che unisce alla Cina continentale ricorda che finalmente Hong Kong è ritornata alla madre patria, dopo 100 anni.

Da 90 anni la parrocchia del S. Rosario testimonia in questa fetta di terra la presenza stessa di Gesù Cristo. Ho conosciuto l’attuale parroco don Francesco Lau. Tutti qui si chiamano Francesco: era proprio destino che ci arrivassi. Come tanti altri mi ha detto che sono un lucky man. Per essere cristiano certamente.  Sono stanco, sono fuso dal fuso. Ma sono contento. Sono un po’ stranito, non riesco a capacitarmi di tante cose e faccio fatica a fidarmi. Non riesco a capire perché.

Padre Francesco Pezzola, bresciano di Hong Kong dal lontano ’39 mi ricorda per assonanza Elena. Vorrei vedere la sua faccia quando saprà che sono venuto fin qua. Sopporterà pazientemente anche questa!

Domani andrò con questo Padre sull’isola di Hong Kong.

Fosse per me, vorrei dormire un mese intero. Aiuto!

13.12.1998

Arrivo a sera sempre stanco. Queste noterelle dovrei scriverle sempre di mattina, come a Hollis. Sono tante e tali le cose da raccontare. Basta, vado a letto. Non ne posso più.

Oggi ho imparato ad usare il telefono con la Smart Card a microchip. E’ facile. Ho telefonato a Taipei, a Isabella e stasera ho fatto gli auguri a Lucia in Italia. A S. Ermete non ha risposto nessuno.

Di continuo, girando per strada vedo facce che mi ricordano amici italiani. Avrò visto almeno 20 Sabitri, 1 Adriana, 4 Daniela, 7-8 Francesca.

Finalmente qualcuno che trova il coraggio di dire una cosa per me evidentissima. Glauco, il fratello di Hermes, mi ha fatto notare: “Guarda come sono belli i bambini cinesi!”. Io non sono un pedofilo e neppure lui lo è. I bambini cinesi sono bellissimi, inconfutabilmente. Maschi e femmine fino a 12-13 anni sono stupendi. “Anche le donne cinesi”. Lui da buon architetto mi ha fatto notare che ce ne sono sì alcune fantastiche, ma nella gran parte comunque sono sproporzionate: per lui è una questione di gambe corte, per me, forse, è una questione di alimentazione e di modus vivendi. Ci siamo trovati concordi sul fatto che non hanno l’allure delle africane.

L’altro giorno sul tram a Central (ex Victoria) era seduta vicino a me una filippina eccezionale, bella, fine, semplice e maliarda. Una delle 140.000 filippine che vivono a Hong Kong, in genere come donne di casa e come “dade”, vale a dire accudiscono ai bambini. Oggi all’imbarcadero del traghetto fra Hong Kong e Kowloon era pieno di filippine, che si ritrovano la domenica fra compaesane. E’ un cicaleccio indescrivibile, tutte voci femminili che si rincorrono, s’intrecciano, si confondono, si ricompongono.

Anche il traffico in quella zona viene fermato. C’è chi legge ad alta voce una lettera, chi vende giornali filippini; molte di loro, sedute sulla strada si scambiano notizie. Quali? Non capisco il cinese, figurasi il tagalog.

Padre Francesco Pezzola è una miniera ricca e profonda di informazioni, chiarimenti, osservazioni e suggerimenti. Lui si considera cinese; ma è un ottimo interprete della cultura occidentale. Unisce in sé le due anime del carisma di Don Bosco, quell’educativa e quella tenera ed affettuosa dell’accoglienza pura e semplice del diverso. “Come si fa – mi ha detto – a rompere la bile con un calcio ad uno scolaro, come ha fatto un maestro italiano in questi giorni? Educazione, benevolenza, come ci ha insegnato don Bosco”.

La compagnia di questo sacerdote, cinese dal 1939, quando venne qua a 15 anni, mi è talmente gradita che riesco a perdonargli tutta la fatica che mi fa fare ed il dispiacere di essere considerato un turista.

Non m’interessa proprio essere un turista. Io amo la Cina e vorrei tanto restare, come un buon seme di Cristo.

Riconosco che la nostalgia per casa è tanta, il clima (benché ottimo in questa stagione, fresco ed asciutto) non mi è proprio congeniale ed il cibo, che gusto volentieri, mi muove l’intestino; la lingua, musicale come poche, è ostica e difficile, ma affascinante; il rumore della città costante e ininterrotto; il desiderio di essere compreso e di comprendere fortissimo ed al tempo stesso lo spazio dove vivere ridottissimo.

Riconosco tutto questo, riconosco che il mio lavoro qua è pressoché inutile (c’è un’altra medicina), ma vorrei proprio restare.

Non per fare soldi. Come volentieri sarei sparito nei boschi americani così sparirei nelle campagne all’interno della Cina. Ma vedo e sento che la vita è dura e la fame, per molti, una realtà. Così chiedo al buon Dio di fare l’eremita di città.

E’ così semplice, visto qui, il ragionamento, incomprensibile in Italia, delle scuole libere. Qui tutte le scuole sono libere. Tutte. Quelle governative e non. Qui tutti, maschi e femmine studiano.Tutte le scuole sono sovvenzionate, dagli stipendi, alle attrezzature, alla manutenzione. Tutte gratuite fino al compimento della scuola dell’obbligo. Poi un piccolo contributo è chiesto alle famiglie; ma i bisognosi e meritevoli continuano gratuitamente. Le famiglie, la maggior parte non cattoliche, fanno a gara per mandare i figli e le figlie alle scuole cattoliche. Non hanno obiezioni di sorta sugli insegnamenti offerti ed anche il catechismo è seguito e ricercato, perché i ragazzi vengono su bene, educati, rispettosi, volonterosi ed onesti. Qualcuno da grande chiede il battesimo, qualcuno scopre anche una vocazione religiosa.

Dovrebbero venire qua i nostri laicisti italiani! La Cina Popolare stessa chiede e sceglie personale di Hong Kong per i quadri dirigenti di industrie e maestranze specializzate.

Personalità forti, culturalmente preparate, anche in campo sociale e politico, sono cresciute nelle scuole cattoliche.

Il diritto delle famiglie alla scelta educativa qua è talmente chiaro da non dover neppure essere messo a tema. E’ evidente. Se ne vedono gli effetti anche ad occhi superficiali come i miei.

Hong Kong, essendo un porto franco, è un vero e proprio mercato aperto 24 ore su 24, 365 giorni l’anno. Ognuno contratta come e con chi vuole il proprio lavoro. Tasse bassissime permettono che la gente facilmente arricchisca o possa lavorare. Ma, come dice il mio carissimo amico Hermes, sinologo e legale in utroque iure, cioè laureato in Italia ed in Cina, manca il Welfare. Cioè, i vecchi inattivi, tranne una piccolissima pensione di sussistenza (credo 100 US $, ma non so bene) ed alcune piccole facilitazioni, sono completamente a carico dei figli, al punto che anche lo studio e l’attività dei giovani viene scelta in base al reddito che permetterà di sostenere i genitori anziani. Così pure, se uno non lavora per come il datore di lavoro richiede (es. straordinari) può benissimo essere licenziato.

I lavoratori italiani supertutelati…

Con Hermes, conosciuto personalmente solo ieri sera, ad una cena di commiato per il fratello Glauco, ma amico di Icio e Isabella, c’è stata subito un’intesa buona. Storie diverse, età diverse. Però subito mi sono trovato bene e non solo perché è un immigrato italiano. E’ stato naturale per me parlare con lui di tante cose. Mi ha messo subito a mio agio.

Il punto attraversato a nuoto dai soldati giapponesi durante la II^ guerra mondiale, per conquistare l’isola di Hong Kong, anch’io l’ho attraversato. Su di un traghetto. Saremo stati in tutto 12 passeggeri. Anche la stazione marittima è piccola e si paga solo su di una sponda, per risparmiare le spese di personale. Una grande e veloce nave portacontainer ci ha attraversato la scia, mentre una chiatta trainata da un rimorchiatore l’ha tagliata in senso opposto.

Una strada stretta e ripidissima, la stessa sezione stradale che Padre Pezzola percorse nel 1939, ci porta a Stanley, sul versante sud dell’isola.

L’autista spericolatissimo del bus a due piani, schiaffeggiando rami tropicali senza riguardo alla carrozzeria e attraversando una diga per la raccolta dell’acqua piovana, la prima costruita a Hong Kong, ci scarica davanti ad una casa bianca di stile coloniale con una scritta sulla facciata “ANNO 1859 “Quando c’erano inglesi colti” dice don Pezzola. E discutendo sulla proposta di adozione del latino come lingua ufficiale dell’Unione Europea, s’infila nella chiesa di Sant’Anna, dopo essersi tolto il cappello. Mi fa cenno di seguirlo, attraversa il cortile della Primary School e s’infila in una porta con degli strani segni rossi sulla porta. “Quando vengo a Stanley mi fermo sempre qui”. Sono i gabinetti. Qui, all’uscita, sotto il portico, ricevo la mia prima lezione di lettura e spiegazione della lingua cinese. Imparo, e sono contento, le parole “uomo”, “donna” e “persona”. Il maestro è semplice e illuminante. Corregge ed approva. Sollecita e spiega.

Mi spiega anche come si fa a cercare le parole nel vocabolario, in base alla radice, ad es. legno, perciò sotto quella radice si cercano le parole indicanti gli arnesi fatti col legno.

Al ritorno in autobus la sua origine latina, la sua verve italica viene fuori tutta. Il fascino sprigionato da buon italiano, il suo saperci fare, gli permette la “conquista” di due signore francofone, una francese col naso all’insù dagli occhi ceruleo smeraldini ed una cinese di Hong Kong abitante a Nice.

Le affascina letteralmente, mentre io, di fronte a tanta maestria batto in ritirata, complice il mal di pullman.

Con una punta d’invidia, seduto di fianco ad una diafana ragazza inglese, seguo le fasi del dialogo.

Si mostra subito per quello che è, un sacerdote, e arriva a far loro dire (lo capisco dal francese che intercorre fra le due donne, mentre non so se Padre Pezzola comprende; ma credo di sì) che andranno ad ascoltare la sua Messa, anche se da molto tempo non frequentano più la Chiesa.

Il fascino semplice di quest’uomo ha fatto ancora le sue vittime. Per conquistare a Cristo non esita a rivelare con tutta franchezza e sincerità che lui ama molto la lingua francese pur avendola studiata pochissimo ed avendola interrotta a Shanghai per l’occupazione giapponese.

“Mi devi fare conoscere il tuo amico italiano che abita qui e conosce il cinese” mi dice. La stessa cosa mi ha chiesto Hermes quando gli ho parlato di questo Padre Salesiano. Devo proprio farli incontrare. Forse nascerà qualcosa anche a Hong Kong? Lo spero con tutto il cuore. Chissà se dei Memores o qualche esemplare della Fraternità di S. Giuseppe vorrà o potrà o gli sarà chiesto di piantare le tende o nascerà qui. Se Dio volesse davvero che uno o una fosse qui un segno nuovo di verginità qui e poi…!

“Uno semina, uno raccoglie, ma è il Signore che fa crescere” dice S. Paolo.

E’ già il 14 Dicembre. I miei amici stanno spendendo le ultime ore della domenica, il tardo pomeriggio. Laura e Richard, David, Michael, Daniel, Bernadette e Mike stanno uscendo dalla Messa delle 11. Forse a Hollis c’è la neve. Qui il cielo è coperto. Padre Francis Che gentilmente un’ora fa mi ha chiamato per sentire come va. Padre Pezzola ha quasi l’età di mio babbo. Me lo ricorda tanto. Mi dà del Lei e mi tratta da adulto, da visitatore. Talvolta gli scappa del Tu. Io desidererei tanto essere interpellato sempre così. Le attenzioni e le tenerezze sono paterne. Anche le durezze e le decisioni lo sono e la precisione che mi sollecita ad usare.

Sto così bene con lui… E’ come se stessi con mio padre. A cinquant’anni si può avere ancora il desiderio di essere un ragazzo. Se ancora avessi mio babbo qui! E mia mamma.

Si avvicina il Natale e non so ancora dove lo passerò. Ho affidato anche questo alla Madonna.

16.12.1998 ore 2,30

Notte insonne. Le zanzare mi tormentano. E spero siano solo le zanzare. Di notte anche i rumori più normali fanno paura. Sulla strada di fianco corrono di continuo le automobili. Il traffico non si ferma mai. Credo di aver dormito un’oretta e mezzo. Non so proprio. Di giorno sono molto stanco. Credo d’essere anche dimagrito: lo vedo dai buchi della cintura.

Quante volte in questi giorni ho invocato la presenza di Roberto, il suo senso pratico e le sue decisioni concrete. Navigo molto sul sentimentale, fosse stato per me stasera non avrei neppure mangiato. Fortuna che don Francis mi ha invitato a cena fuori, con una signora, che è la presidente di un’attività parrocchiale. Mi ha chiesto se in Italia si trova l’olio essenziale di lavanda e la cera d’api. Le ho assicurato che m’interesserò per fargliene avere.

Credo proprio di non riuscire a rispondere nel modo dovuto a tutte le attenzioni con cui mi circondano. D’altra parte, anche in Italia, non corrispondo alle attenzioni che tutti hanno verso di me. Capisco sempre dopo, sempre tardi. Come ci viene sempre detto, il rapporto di Dio con noi è ben oltre le nostre incomprensioni, presunzioni o sentimenti. Così, mentre mi avverto sempre inadeguato di fronte alla realtà che mi circonda, cioè a Gesù Cristo che mi viene incontro nelle circostanze, Egli comunque mi viene incontro, nel suo modo, per me misterioso, ma estremamente vero.

In questi giorni sono solo capace di offrire, di piangere e di offrire. Piango spesso. In silenzio. Forse perché sono lontano di casa, forse perché si avvicina l’anniversario della morte della mia mamma e mi sento sempre più orfano, forse è una fase della mia malattia, forse perché penso di continuo non potendo parlare con nessuno ed anche una sola parola di inglese mi costa sforzi incredibili. Tutti mi sorridono. Un ragazzino oggi mi ha apostrofato in un certo modo come di saluto. Non ho saputo neppure come rispondergli. Ecco perché forse il Signore mi fa vivere in Italia: mi piace ancora molto imparare, conoscere, viaggiare; ma non ho l’animo per affrontare di cuore quello che comporta.

Ultimamente spesso invoco dal Signore la capacità del silenzio; non il ritirarsi, ma quello sguardo tenero e compreso, che è Suo proprio, così presente a tutto e così discreto al tempo stesso, tant’è vero che Lui è qui, sempre, e noi neppure ce ne accorgiamo. Ecco, così.

Stamattina guardavo i bambini di una scuola elementare qui vicino ai Salesiani. Bellissimi e vivaci. A me non è stato dato di averne. Eppure mi è stato dato di averli in altro modo, con una paternità più compiuta. “Ecco sono tutti miei” dicevo. Questo sguardo al loro Destino, il desiderare per loro ogni bene, che è Gesù stesso, è il frutto di un lavoro che mi è stato dato e chiesto. Lo sguardo di don Pezzola porta questa consapevolezza, l’attenzione che ha verso i ragazzi è così paterna! Ho visto in lui lo stesso sguardo che è nella fotografia di D. Bosco in casa di Beppe, nella casa di D. Giuseppe Maioli, che mia zia Maria, davanti a me, ha ringraziato perché si prende cura di “questo che non ha nessuno, e che non l’ha mai avuto”, cioè me.

Questa mattina sulla Nathan Road, ho visto un vecchio con una giacca nera, lacerata, al gomito e alla spalla, seduto, con la testa sulle ginocchia, a faccia in giù. Mi è venuta subito in mente Madre Teresa. Tanti altri vecchi questi giorni ho visto girare con i loro sacchetti di plastica, unico bene. Per due sere consecutive, sotto la pensilina di un autobus, vicino alle Suore Canossiane, di fronte alla caserma dell’esercito cinese, in Austin Road se ben ricordo, stava seduta con l’ombrello aperto e tutt’intorno i suoi sacchetti, una vecchia. Ed altri, molti altri, mescolati a negozi di ogni splendore, pieni di ogni ben di Dio. Anziani che giocano a soldi o a scacchi cinesi, anziani che leggono il giornale, anziani che arrancano lungo le strade, anziani che fanno ginnastica la mattina. Ce ne sono alcuni che fanno Tai Chi Chuan con una tale eleganza! Anziani che parlano ed anziani che tossiscono.

“Come una goccia d’acqua nel mare - diceva Madre Teresa – ma se neppure questa goccia d’acqua ci fosse?” Come è fredda la notte! E pregava, pregava. Io la invoco sempre, così come il Cardinale Wyszynski. La Chiesa un giorno ci dirà se sono santi. Amici che hanno amato nostro Signore lo sono di sicuro. Come Bubi.

E’ il periodo migliore per vedere Hong Kong. Percentuale di umidità bassissima, sotto il 50%, temperatura compresa fra 15° e 19° C.

Si vedono ancora ragazze in minigonna e senza calze. Forse vogliono far vedere le gambe. Ma, ha ragione Glauco, sono un po’ tozze e storte. In compenso c’è una tale varietà e quantità di ragazze che vuoi che non ce ne sia una buona?

I canali televisivi a Hong Kong sono quattro; così non si perde tanto tempo e trasmettono o giochi o film o telegiornali o pubblicità (anche spettacoli per bambini). I film o sono comici o dell’orrore, i telegiornali, fortunatamente sono brevi, la pubblicità è tanta, i giochi sono uguali a quelli italiani. Il telegiornale della Cina continentale è estremamente noioso: mezz’ora di notizie riguardanti le attività e gli incontri dei vari organi dirigenti, dal presidente giù giù. Quello di Taiwan è come quello italiano: disgrazie, furti, assassinii, corruzione. Tutto il mondo è paese. Il vantaggio dei canali televisivi di Hong Kong è che non c’è pornografia, a differenza di quelli italiani (alcuni). Ma sta qui il punto?

La mattina tutte le televisioni aprono con le notizie di borsa e la quotazione della moneta. E’ un po’ come dire “Padre nostro”. C’è chi inizia la giornata pregando e chi con il valore dell’HK dollar, il quale è fissato per legge a 7,75-7,80 per US dollar; ma, secondo alcuni, realisticamente dovrebbe essere a 11,30-11,40, cioè mediamente inferiore del 50%. Ma queste sono valutazioni personali.

Non conosco lo stipendio medio di un operaio, non so valutare l’impatto sull’economia familiare dell’attuale momento. So solo che l’Italia richiede ai cittadini di Hong Kong il visto d’entrata se vogliono visitare le nostre città, al contrario di Hong Kong che non richiede visto per i cittadini italiani. Forse Roma teme un effetto Albania o Kurdistan?

16.12.1998 ore 15,30

Tutto mi costa fatica in questi giorni. Dormire, mangiare, camminare, pensare. Tutto è molto faticoso. Vado più volentieri a prendere uno snack qui di sotto dove due donne cinesi tengono un piccolo spaccio e fanno da mangiare per gli studenti e gli operai che vogliono, che al supermercato dove c’è tanta roba. L’inglese, a me incomprensibile, che usano queste cinesi è più umano della musica, bellissima dei supermercati. Mi si ripropone qua la stessa cosa che in Italia. Non riesco a mangiare da solo.

Padre Pezzola mi ha portato a mangiare il serpente: con lui mangerei tutto, anche lo sterco di cavallo nella ciotola di un lebbroso, oppure anche all’Hilton Hotel. E’ una questione di compagnia. Il mio amico Hermes mi ha raccontato che quando venne in Cina con una ditta italiana a fare da interprete, gli operai in treno mangiavano un indigesto pane di riso col salame italiano. Lui andò nel vagone ristorante ed incominciò a far loro gustare il cibo cinese. Con lui lo fecero. Seguendo lui.

Ieri sera sono andato a mangiare in un ristorante cinese “di lusso” con don Francis e la signora Wong. Forse l’ho già scritto. Abbiamo mangiato con il fornello sul tavolo in cui si cuoceva di volta in volta la carne o il pesce o i gamberetti o le verdure o la soia. Tutto molto buono. Tranne qualche parola italiana e inglese, tutto il pranzo si è svolto in cinese. Non sapevo più se mangiare o tornarmene a casa. Il pesce veniva pescato in vasche dove vive, e cotto così fresco. Mi faceva una certa impressione vedere questi “shrimps” finire vivi nell’acqua bollente!

Non c’è fondo al bisogno qui a Hong Kong. Un vecchio trascinava, letteralmente sollevandola con le mani, la gamba destra storpia, con la gamba sinistra dal piede storto. Così in mezzo alla gente per due isolati. Poi, attraversato il semaforo, si è appoggiato alla ringhiera, posta lì a difesa dei pedoni, e si è messo a guardare la gente ed il traffico.

A Hong Kong il cielo di notte è bianco. Non ci sono stelle. No stars. Non si vedono, mentre le luci della città formano di riflesso una tettoia luminescente.

Anch’io, provvisoriamente ho il mio flat. Con il terrazzino, il filo per stendere i panni, il condizionatore (che adesso non si usa) e le zanzare, piccole, poche, ma terribili. Spero solo che non siano malariche. Stanotte s’infilavano dappertutto. Non sono come le zanzare assassine del New Hampshire, ma ce la mettono tutta per assomigliare a loro.

Anch’io sono un homeless che vago per la città. Solo che se lo desidero, vengo nel mio piccolo flat in disuso e mi fermo un po’.

Ho sempre sonno. Ogni tanto, per riposare le orecchie, vado in un campo da calcio qui vicino e mi distendo osservando l’erba verde e distrattamente i ragazzi che giocano. C’è un po’ di silenzio. Mi domando spesso: “Può un europeo vivere a Hong Kong?” o meglio “Sopravviverà Cecco a Hong Kong?”

Questa mattina alle 5,30 scendo nel cortile. “Ehilà – mi interpella una voce – sto facendo la solita camminata”. E’ padre Pezzola, in tuta e berretto. Poi mi cerca e mi spiega che ogni volta, col gesso, segna quanti giri sono. Il sonno mi attanaglia. Alle 6,30 vado in Chiesa. Cominciano le Lodi in cinese. Le sento e mi assopisco. Dieci minuti prima della Messa, stravolto, torno di sopra e, raccomandandomi al Signore insistentemente, mi addormento fino alle 13 circa.

Alcuni anziani fuori della Chiesa aspettano che la Messa inizi. Piccoli, lenti si muovono sussurrando fra loro alcune parole.

I cinesi lavorano e molto, ma non ne hanno il gusto. Si può dire? Credo che se il turismo a Hong Kong fosse in mano ai romagnoli della costa si vedrebbero delle cose favolose. I cinesi hanno il senso del commercio, ma non quello dell’ospitalità, del mettere a proprio agio gli stranieri.

Il gusto del lavoro, il gusto dell’accoglienza. Non intendo la gentilezza o la cordialità. Intendo proprio il gusto dell’altro, non un possibile acquirente, il gusto che l’altro sia lì, il gusto di farlo sentire a casa sua, il gusto del lavoro non solo per fare i soldi, non so come dire, il gusto della costruzione, del bello. Tutto è come inteso in maniera utilitaristica, cose e persone. O sbaglio?

Hermes, l’avvocato sinologo potrebbe chiarirmi al riguardo.

Quante volte penso alla mamma di Bubi!

16.12.1998 Sera

E’ davvero grande la forza dell’Eucarestia! Sono andato a Messa a St. Teresa Church stanco e spossato. Dopo la Messa (in cantonese) sono uscito con le ali ai piedi.

Una bellissima signora con una “mise” di velluto rosso all’orientale ed un paio di jeans all’americana, raccolta in silenzio, composta, pregava davanti alla statua di S. Giuseppe.

Ho pensato subito alla nostra Fraternità ed ho pregato per tutti noi. In qualsiasi chiesa vada c’è la statua di S. Giuseppe. Per me è un segno.

Le impalcature di canna di bambù avvolgono palazzi di 20-30 piani, come quelli più bassi, con una leggerezza ed una robustezza incredibili. Altro che i nostri Tubi Innocenti!

E come si arrampicano i muratori! I bambù sono legati con del filo di plastica ed hanno diverse sezioni.

Giorgio, vorrei vedere te, quaggiù.

!7.12.1998

Se questi benedetti cinesi, invece di pensare cosa vi fa piacere, ascoltassero e chiedessero cosa vi fa piacere, sarebbe una bella cosa.

Questa mattina due sole cose desideravo fare: lavare dei panni ed andare a Messa a St. Teresa. Pronto. Mi è venuto a cercare Don Francis per dirmi che mi avrebbe portato a visitare una loro scuola in un sobborgo popolare ed avremmo mangiato lì. Bene. E’ stata una cosa bella che mi abbia coinvolto in un suo lavoro (è il supervisore) ed aver potuto vederlo all’opera nei rapporti che ha con i presidi di ogni sezione della scuola elementare. 1600 bambini divisi in due turni giornalieri. Scuola in espansione grazie alle continue richieste da parte delle famiglie e dei contributi del governo locale che si fida della gestione. Bambini contenti e personale motivato ed attivo. Il pranzo, assolutamente cinese, è stato cordiale, come tra amici.

Dialoghi naturalmente a voce alta, bei suoni, per me assolutamente incomprensibili.

Ad un certo momento con il naso nel piattino e le dita impegnate nei bastoncini (di plastica) ero completamente solo fra mille suoni. Solamente ad un certo punto mi hanno coinvolto, verso la fine del pranzo. Naturalmente sono sempre stato sommerso di attenzioni, tè nella tazzina ed i bocconi più buoni nel piattino. Un po’ come quando mangio da solo a casa. Il mio inglese ovviamente non mi permette di intervenire. Figurarsi che stamattina ho girato come uno scemo per mezz’ora in un supermercato cercando del filo da stendere i panni senza sapere neppure chiederlo alla cassiera.

La giovane signora che mi ha sorriso oggi per strada vicino alla Tang King Po School è l’unico segno di comunicazione cordiale che oggi mi ha detto: “Sono qui, mi riconosce?”. E’ la signora dello spaccio da cui vado a prendere ogni pomeriggio uno snack alla cioccolata.

A volte penso che i cinesi siano come gli inglesi: o conosci la loro lingua o ti arrangi. E se non la conosci peggio per te. D’altra parte è vero che tocca a me parlare come loro; ma chi me lo insegna? Don Francis non perde occasione per dirmi che è bene che mangi all’europea e mi tratta come un turista europeo.

E’ sempre cordiale, ma come chi ti lascia fuori dalla sua vita. Un turista deve vedere il più possibile, un turista deve provare il cibo, un turista deve comperare cose da portare a casa.

Può un turista essere semplicemente un amico?

Il motivo della mia solitudine qui ed anche di una certa invadenza subita è proprio questo. Hermes mi ha subito accolto ed accompagnato nelle tre ore che è stato con me. Don Francis, con tutta la sua buona volontà, non l’ho mai sentito vicino. Così mi ha voluto portare a vedere Sha Tin oggi pomeriggio: un bel giardino, bei ponti ed un grande fiume. Poi mi ha portato in questa grande “mall”, piena di negozi e di gente, chiedendo se volevo comperare qualcosa, se volevo bere qualcosa, se volevo mangiare la pizza, o dei giocattoli per i bambini, finché ho dovuto dirgli che queste cose mi danno fastidio, che non riesco a stare in un posto dove l’unica preoccupazione è vendere e comperare, che preferisco piccoli negozi, se ho bisogno qualcosa.

“Bisogna anche abituarsi” mi ha risposto.

“Ma Lei deve comperare qualcosa?” gli ho chiesto.

“No, io no” mi ha risposto.

“Andiamo a casa? Vorrei andare a Messa a St. Teresa”.

“Ma c’è tempo”.

Sta di fatto che per la stanchezza, giunti a casa non ho avuto più la forza di andare a Messa.

Benché fossi stanchissimo ha voluto a tutti i costi mostrarmi dove sarei potuto andare a mangiare la sera in alcuni locali dove si mangia anche all’europea. Che è una preoccupazione giusta; ma perché non aspettare che lo chieda, se mi interessa?

Poi mi sono detto: “Perché non cerco io di capire i cinesi, di capire don Francis?”.

Comunque, con grande desiderio, parto per Tai Pei, verso la casa di Icio e Isabella.

Mi sto un po’ pentendo di questa ospitalità gratuita del Centro Catechistico Missionario Salesiano.

Per questo motivo, se Icio e Isabella hanno piacere che rimanga da loro per Natale, sicuramente resterò.

Uno con cui sto bene, stentando a parlare, ma con sincerità, è il segretario del parroco don Francis, un ragazzo di 30 anni. Non ci capiamo quasi, si equivoca spesso nel significato delle frasi; ma è un tipo cordiale, aperto, attento.

La metropolitana di Hong Kong è molto bella, pulita ed ordinata, anche perché chi viene sorpreso recidivo a sporcare o a mangiare o a gettare carta, si fa un periodo di prigione. Non viene chiesta una multa. La metropolitana di Roma ha tutto da imparare.

18.12.1998 ore 4,40

In Polonia le zanzare mi devastarono provocandomi uno schock anafilattico, in America mi tennero chiuso in casa, tanto il dolore era forte che mi provocavano pizzicandomi, qui ne basta una per farmi una faccia gonfia come un pugile suonato e non farmi dormire. Non rispettano neppure le labbra anche se non fanno male più di quelle italiane.

Forse incomincio a capire perché il buon Dio mi vuole far vivere in Italia e con le retine alle finestre e a Rimini.

Ho scoperto che il cibo cinese, qualunque esso sia, mi provoca, a breve distanza di tempo, diarrea, irrimediabilmente. E sì che mi piace. E’ solo un fatto psicosomatico? O sono le spezie ed il diverso sapore? O è il tè? O l’uso dei bastoncini? Mah!

Oggi partirò per Taiwan. Spero che là non esistano zanzare assassine.

Forse per vivere in Cina ci vuole un fisico particolarmente robusto come quello di don Pezzola, o bisogna esserci nati, o non bisogna essere dei romantici “pataca”. Forse bisogna essere un po’ più svegli, nel senso di dormire la notte ed adattarsi intelligentemente all’ambiente ed alla situazione.

Ieri sera, alla novena di Natale, mi sono commosso come quando a Rimini la sera, tredicenne, durante la cena, mi veniva in mente la mia famiglia lontana. I canti bellissimi, le voci compunte e intonate, le parole non note, i gesti consueti ed il ricordo di altri tempi ed altri luoghi hanno fatto il resto.

Ora gli amici hanno preso il posto dei genitori e dei fratelli. Il loro silenzio lontano mi pesa e mi richiama. La stessa fede, le stesse preghiere, lo stesso Signore me li richiama. E’ struggente. Non è che non si stia bene qui, I sorrisi e le attenzioni si sprecano. Ma tutto si combina e si mescola. Resterei e tornerei. Vorrei stare qui ed essere là. Un po’ come mi succedeva in America. Vorrei stare qui, con loro. Non per essere in un’isola felice, piuttosto per affrontare insieme lo stare qui. Tutti mi tornano quotidianamente alla memoria. Quel disgraziato di Bubi che non ha voluto venire (non poteva neppure), Lella, Mimmo.

Claudio, don Giancarlo, Mimmo, Roberto o don Giuseppe, Elena Gasperini o Angela.

Bruno.

Per questo vado volentieri a Taiwan da Isabella e da Icio. Un po’ come un conforto.

E poi, se qualcuno volesse aiutarmi a vivere qui e a capirci, a conoscere la lingua…

Caro Hermes, è tutta una questione di compagnia.

Anche i missionari del PIME hanno la loro (ho conosciuto padre Morlacchi), anche don Pezzola ragazzino ebbe la sua, e ce l’ha tuttora.

Guardare ed amare Cristo presente qui ed ora è un affare personale, l’io davanti al Mistero. Il Mistero ha il volto così concreto della compagnia di amici che Egli ha preso insieme.

Sono convinto che Elena avrebbe disapprovato questo viaggio e, a dire la verità, le sono un po’ scappato, non le ho detto niente di proposito. Se Dio vuole, per Natale la chiamerò anche se mi prenderò una sgridata. Non posso fare a meno di sentirla e di farle gli auguri, anche se dall’altra parte del mondo.

Louis Ng, il segretario di don Francis, mi ha salutato regalandomi una confezione di cartoline di Hong Kong per ricordo, perché quando tornerò non sarà più qui, ma in Corea.

Mi ha ricordato gli amici di Cracovia. Quando sono partito facevano loro i regali. Non ho mai dimenticato gli amici di Cracovia, anche se non sono più tornato là. Li ricordo e prego.

A volte vorrei vivere in un eremitaggio e tenere a mente e nel cuore tutti gli amici e le persone conosciute, un po’ come Vincenzo, l’eremita delle Balze, che mi ha riconosciuto dopo 20 anni e mi ha sorriso. Non so neppure io cosa vorrei.

Vorrei sparire nel cuore di Gesù ed avere presente tutto e tutti.

Sono le ultime ore della notte. Aspetto la luce per fare le valigie, perché le zanzare finalmente vanno a dormire. E poi siamo d’inverno ed è secco come clima! “E’ il periodo migliore dell’anno” mi ripete sempre don Francis.

Le zanzare come Zero silenziosissimi si gettano su di me come kamikaze. Che abbiano imparato la tecnica dai giapponesi? ‘Sti cinesi prendono su tutto e copiano tutto come fanno i napoletani. Basta guardare gli orologi di marca in vendita a Yau Ma Tei a poco più di 100 HK $.

A volte mi chiedo se anche Hong Kong non sia copiata. Che sia anche lei una città “taroccata”?

A parziale correzione di quanto detto: ieri sera ho visto 4 stelle, deboli, ed un pianeta (Venere?).

Quindi il cielo esiste, anche sopra Hong Kong.

18.12.1998 ore 11

Ho sempre l’impressione che svoltato l’angolo o preso l’autobus, dopo qualche fermata, ci sia Rimini. Sono tutto un pizzico e sono spossato. Fra qualche ora parto per Taiwan. Spero di rifarmi un po’ da Isabella. Forse è stata una scelta inopportuna accamparmi qua al Centro Missionario Salesiano. Quest’ala è decisamente in disuso. Ieri facendo la doccia, sono scappati fuori due animali marroncino chiaro lunghi circa 7 cm. Li ho ammazzati, ma ho finito presto anche la doccia; mentre nei water c’è l’acqua, ma l’igiene lascia a desiderare ed i pavimenti sono decisamente neri e le piastrelle in linoleum dei pavimenti si staccano.

Ho chiesto a don Francis perché non lo mettano a posto.

“Non dipende da me” mi ha risposto.

Mangio poco e male. Anche qui come a casa, non riesco a mangiare da solo. Per me non ha senso. “Il massimo dell’irrealismo” mi direbbe don Giancarlo. Sono proprio senza rete. Tutto ciò che ho visto è stato nei primi giorni. Il lato duro della vicenda è adesso.

Non riesco più a vedere altro: camminare. respirare, dormire, mangiare, leggere, pregare, tutto è molto faticoso. Non voglio scappare, vorrei vivere bene anche questo, cioè con senso.

E’ pretesa chiedere una mano?

“Hai voluto la bicicletta? Adesso pedala”: mi si potrebbe dire.

18.12.1998 ore 15

Una simpaticissima cinese, magra, dai lineamenti purissimi, con i tacchi alti ed un completo grigio siede accovacciata poco distante da me, guardando stupita tutto attorno, un sino-mongolo seduto di fianco a me si toglie le scarpe mentre aspettiamo di salire sull’aereo China Airlines per Tai Pei.

La foschia avvolge l’aeroporto internazionale dell’isola di Lantau, Hong Kong. Il ponte sospeso che arriva fin qui da Kowloon è stupendo. L’aeroporto è modernissimo. Don Francis mi ha accompagnato fin qui. L’autobus A22 è comodissimo. Mi riprende il fascino dell’Oriente. Oggi a pranzo padre Pezzola, sorseggiando una tazza di tè mi ha detto: “Guardi, qui siamo in America. Abbiamo tutto. Qui a Hong Kong”. Gli chiedo: “Lei quando diventerà Superiore Generale?”. “Oh, non ho tempo per quelle cose lì. Evangelizzare!”.

19.12.1998 Mattina

Ho riattraversato il Tropico del Cancro e sono a Taipei, Formosa. Piove. Fa caldo. Ieri sera all’aeroporto c’erano 22°.

Sono fondamentalmente certo d’essere irriconoscente. E’ bastata una semplice frase d’Isabella quando le ho raccontato di questi giorni a Hong Kong e dell’accoglienza e del tempo speso per me da don Francis Che. “Che forte!” mi ha detto. Io segretamente l’ho sempre sospettato di secondi fini. Ed anche don Pezzola, in qualche modo, magari innocentemente, lo vedevo coinvolto. E sono stato sempre molto combattuto fino a rasentare l’offesa. “Poca osservazione e molto ragionamento…”. Non capisco proprio niente dei cinesi.

Sono arrivato qua con un B747-400 della China Airlines, la compagnia di bandiera di Taiwan. Ottimo volo, ottimo servizio, ottime hostess. Un'ora ed un quarto di volo, una sciocchezza. Sopra i 10.000 metri, un cielo stupendo. Sotto le nuvole. Qualche volta squarci in trasparenza dell’Oceano Pacifico.

Taiwan è del tutto diversa da Hong Kong. Intanto si parla un altro cinese. Si sente subito, anche per un orecchio non allenato. Poi è più rurale. Case più basse, coltivazioni, specchi d’acqua usati come risaie o allevamenti. Inglese poco. Meno ricchezza, meno tecnologie.

Più silenzio.

Icio mi aspettava all’uscita dell’aeroporto.

In poco tempo con decisione e responsabilità mi ha sistemato le conferme per i voli di ritorno a Hong Kong e in Italia.

Dopo mezz’ora di guida nella giungla delle strade di Taipei-Napoli, mi ha catapultato nel bel mezzo della festa di Natale dell’Università Cattolica dove lavorano lui e Isabella. Di comprensibile per me c’erano solo i loro commenti ed il cibo cinese, che per la seconda volta in questi giorni non mi ha mosso l’intestino. Sto proprio diventando cinese.

Ho trovato un ottimo insegnante di cinese: Davide. Dall’alto dei suoi cinque anni e della semplicità con cui vive quello che gli capita ha incominciato a comunicarmi le sue conoscenze ed a correggermi.

A questo punto proprio non tornerei più indietro. La vita qua è sicuramente più difficile che in America e meno rassicurante che in Italia; ma lo spirito d’avventura mi si presenta davanti. Ho 50 anni quasi, ma non vorrei smettere di vivere e di conoscere. Sto decisamente perfezionandomi nell’uso dei bastoncini per mangiare e qualche suono, se non i toni, mi è già più familiare.

Una stupenda bambina dai tratti simil-mongolici mi ha già fatto sognare le steppe dei liberi cavalieri di Gengis Khan. La grandissima Cina sta appena di là da questo stretto braccio di mare. Le sto girando attorno, ma non l’ho neppure sfiorata.

In compenso, se la bilancia di Isabella dice la verità, in questi dieci giorni sono calato quasi nove chili, come purtroppo avevo immaginato. Ho una silhouette decisamente più affascinante, ma dimostra che ho fatto più o meno la fame. Ecco il motivo della mia spossatezza.

Isabella ha assolutamente insistito che telefonassi a casa.

Bubi, naturalmente, non c’era.

Don Giuseppe mi ha fatto una gran festa.

Dio mio, perché il cuore si attacca così? Come farò a morire? Sono contentissimo di essere qui da Icio, nella sua famiglia, vorrei essere a Hong Kong dai Salesiani e da Hermes, vorrei festeggiare il Natale con don Giuseppe, giocare a carte con la Lella, Mimmo e Bubi ed insieme essere a Hollis.

Oggi è il compleanno di mia sorella Pia e di Elisa, la mia nipote più bella (la più cara è Daniela).

Perché il cuore si attacca a tutto e non si stanca mai?

Oggi arriverà qua il Nunzio Apostolico a Lagos, nostro amico. Andremo a salutarlo.

In queste poche ore ho potuto apprezzare tutta la personalità fortemente responsabile e cosciente di Icio. Incomincio ad intuire come il Signore definisce e matura la vocazione di ciascuno di noi. Non capisco, intuisco appena un poco.

Davide, Francesca e Maddalena non hanno niente da invidiare ai bambini cinesi, anche se, ripeto fino alla noia, la bellezza di ogni bambino cinese meriterebbe un libro.

L’Oriente è talmente diverso da noi che solo una parola rende bene: affascinante.

Come ha detto bene il mio amico Hermes a proposito dell’inizio della sua passione per la lingua cinese quando era ancora quindicenne: “Mi affascinava il segreto di quei misteriosi disegnini”. Una passione estetica, nel suo significato più vero. La bellezza se non la profondità di coscienza di questi popoli antichissimi. “Noi facciamo conoscere loro quel che essi venerano senza saperlo” mi ha detto padre Pezzola davanti alla piccola pagoda nel centro di Hong Kong. Isa e Icio stanno preparando per il Meeting dell’anno prossimo una mostra sul senso religioso e la cultura dei popoli cinesi.

Come sono contento di avere incontrato questa gente. Prego di non dimenticarmene mai!

La ragazza cinese che fa da baby sitter ai bambini di Icio e Isa si chiama Lia.

19.12.1998

L’ex Nunzio Apostolico a Lagos, amico di Anna Maria Chiarabini e suo grande estimatore è qui a Taipei e riceverà la famiglia di Icio e di Isabella alle quattro del pomeriggio. Anch’io potrò conoscerlo. Tutta la banda, carrozzina compresa, sale in macchina. Icio guida per Taipei come un ottimo taxista.

21.12.1998

Oggi è il primo giorno d’inverno. Astronomico. Perché qui a Taipei piove una pioggerellina sottile e sono circa + 20°. Si può girare tranquillamente scalzi e con la maglietta a maniche corte. Con l’ombrello però.

Sono tre giorni che piove. A tratti, bontà sua, smette per un po’, poi imperterrita, sottile e insistente la pioggia lava tutto. Il solstizio d’estate ero a Hollis, NH, l’equinozio d’autunno a Rimini, il solstizio d’inverno a Taipei.

Per un semplice fatto di curiosità avrei voluto essere a Hong Kong. Essendo di appena 1° circa di latitudine a sud del Tropico del Cancro, oggi avrei visto il sole, ammesso che fosse sereno, nel suo punto più basso a mezzogiorno, cioè nel suo punto minimo più alto possibile per chi vive nell’emisfero settentrionale della nostra Terra. Già l’altro giorno lo osservavo, il sole, ma oggi avrei proprio desiderato vederlo. Poi ricomincia a salire nel cielo fino al 21 Giugno, fatta salva la precessione, giorno in cui a Hong Kong, a mezzogiorno, non dovrebbe quasi esserci ombra, il sole risultando pressoché a perpendicolo. Teoricamente sarebbe stato più interessante avere invertito i viaggi ed essermi trovato a Hong Kong quando ero a Hollis e a Hollis adesso. Praticamente è meglio così, perché adesso gusto la compagnia di Icio e Isabella e Davide e Francesca e Maddalena e siamo sotto Natale, al caldo. A Hong Kong mi hanno sempre detto che questo è il periodo migliore dell’anno, il resto è troppo caldo. A Hollis, se tutto va bene, adesso c’è la neve ed un bel freddo. Talché, ringraziamo il buon Dio e continuiamo la scoperta dell’universo cinese.

Ieri, domenica, Icio e Isabella mi hanno fatto compagnia tutto il giorno. Hanno lasciato i bambini a casa di Lia e mi hanno portato a mangiare in un ristorante dove si usa il                , cioè un sistema in cui tu paghi e mangi tutto quello che vuoi, che riesci a mangiare. C’è un fornello sulla tavola dove puoi cuocere o lessare il cibo, pesce, carne, verdura, uova, funghi…

Già a Hong Kong don Francis mi aveva fatto gustare questo modo, là addirittura con pesce fresco e crostacei vivi. Qui, è stata l’occasione anche per parlarsi, per colloquiare.

Tante altre cose mi raccontano e mi fanno capire di questa civiltà e di queste popolazioni Icio e Isabella, tanti usi, modo di pensare, certezze e difficoltà.

Isabella si ferma per qualche tempo ad una bancarella nel mercatino. Le piacciono dei braccialetti in argento e legno. Tratta, contratta, si fa spiegare, parla bene il cinese. Icio riprende con la telecamera altri pezzi, altri oggetti, veri? falsi? Giada, statuine, inchiostri, tazze, idoli, scatole, in un dedalo di stanze, stradine, tendoni, pozzanghere. Isa s’è rassegnata, lascia lì i braccialetti; ma le piacciono proprio. Icio tira diritto. Altre bancarelle mettono in mostra perle, l’ambra, ancora giada, di vari colori o tonalità di verde, bianco.

Collanine d’oro, orecchini, collane di perle si alternano. Prezzi bassissimi o medio alti.

Non so neanche la differenza fra giada e plastica. Certe cose sono belle; ma non mi affascinano neppure. Penso alle mie sorelle ed alle mie nipoti, alle mie amiche. Farei volentieri un regalo: non conosco i loro gusti, non mi hanno fatto richieste. Per non tornare a mani vuote, nel mercatino delle piante Icio mi consiglia di comperare dei piccoli bambù. Se curati bene, sono belli.

Vedo delle piante in giro, delle orchidee, dei bonsai ed altre meravigliose piante da fiore o verdi.

La mia mamma qui ci passerebbe un giorno intero.

Se fosse ancora viva, spenderei tutti i soldi per portargliene.

In piedi, silenzioso, ad occhi socchiusi, un monaco buddista sgrana il suo rosario e chiede l’elemosina. Frettolosi e distratti donne, uomini e bambini piccoli in due corsie, in due sensi di marcia, percorriamo uno dopo l’altro i banchi dei fiori.

Il mercato si trova sotto un fly-over, un cavalcavia, con due strade ai lati. Il traffico ci passa sopra la testa e noi stiamo al coperto, anche se piove.

“Quanti bambù si comprano?” chiede Icio. E la fioraia, una donna dalla faccia larga e dalla bocca veloce, sgrana la sua spiegazione: “10 vuol dire amore, 12 passione…” un po’ come le rose per noi. Decidiamo di prenderne venti, poi adatteremo la spiegazione secondo opportunità. Un’altra fioraia, meno larga, ma ancora più veloce, ci dà consigli su come conservarli e le attenzioni da avere per farli crescere. Qualche NT$ e tanti ringraziamenti, un inchino ed un “babai” definiscono la transazione.

Con una bellissima “Stella di Natale” in confezione regalo, pagata veramente poco ( i fiorai italiani dovrebbero imparare), rinnovati nell’anima e nel corpo da una confessione prenatalizia nella chiesa dei Gesuiti, dove assistiamo ad una Messa chilometrica, torniamo a casa di Lia a riprendere i bambini.

Scarpe fuori, sul pianerottolo, solo con le calze, ci fermiamo un po’ di tempo in questa casa ospitale.

Accanto al televisore un altarino con l’immagine di una dea, artisticamente bella, occupa il centro affettivo ed ottico della casa, proprio di fronte al divano. (Noterella: Scoprirò poi che è una rappresentazione di Budda, non di una dea!) Sulla parete di fronte all’ingresso un ideogramma, incomprensibile, su sfondo rosso sovrasta un Budda panciuto. Sotto il Budda una banconota chiede forse soldi o fortune per la famiglia?

Torniamo a casa stanchi. Manca l’acqua. Mi offro di andare a comperarla. Nel piccolo supermercatino all’angolo, un “ciao” detto come saluto mi cattura. E’ l’occasione per conoscere e per parlare un po’, per idioma misto e sorrisi, con Iva, un’allieva di Icio. Ho agganciato una cinesina!

Riprendo il racconto dalla visita del Nunzio perché è stata veramente bella e non deve essere persa.

Mentre Icio posteggia l’auto Isabella con i bambini ed io ci fermiamo sotto la piccola tettoia d’ingresso fuori del muro di cinta della Nunziatura di fronte all’enorme chiesa mormone.

Il poliziotto taiwanese di guardia c’interroga, poi ci fa aprire.

Un signore gentile ci accoglie e ci fa accomodare nella sala del caminetto elegante e decorosa.

Il Nunzio amico di Anna Maria, di cui vergognosamente ignoriamo il nome, ci accoglie, ci saluta, s’informa interessato non tanto alle cose che si fanno o non si fanno, quanto alle nostre persone. Ci fa portare del torrone ed è molto attento ai bambini. Ci racconta di sé, del motivo per cui è a Taiwan, della sua prossima missione a Baghdad.

La tenerezza e l’amicizia che traspare evidente, la stima che dimostra verso i nostri amici di Lagos è la stessa che dimostra verso la famiglia di Icio e Isabella e verso un loro ospite occasionale. Ha proprio piacere di vederci, e siamo gente sconosciuta. S’intrattiene volentieri e a lungo.

Il Nunzio Apostolico a Taiwan, un indiano di nazionalità, entra e facciamo delle foto.

Il torrone portato dall’Italia continua a riempire la bocca di Davide, che peraltro non vuole aprirla per parlare col Nunzio.

Ci congediamo. Il Nunzio sotto il porticato ci fa compagnia finché Icio non arriva con la macchina.

La cordialità, la tenerezza è senza finzioni e per nulla diplomatica. Si vede che è contento di stare con noi in quanto noi.

Quando nomina i Memores è devotamente compreso. La stima traspare evidente.

21.12.1998 ore 17

Un pretino diafano evidentemente straniero celebra la Messa nella cappella dell’Università Cattolica di Taipei oggi a mezzogiorno e dieci circa. La cappella è cinese. Il tabernacolo è una piccola pagoda, il soffitto a cassettoni e le lampade color rosso laccato, l’altare è un bel tavolo in stile.

Gesù è lo stesso, anche se si chiama in modo diverso, mandarino qui, cantonese a Hong Kong.

Riesco a notare alcune differenze. Le risposte del popolo sono cantilenate, quasi un canto. La lettura anch’essa è un alternarsi di toni, cadenze espressive.

“Non può essere diversamente” mi fa notare Icio “nel cinese una parola con una cadenza diversa ha un altro significato”.

Un forte mal di testa mi ha costretto a letto oggi pomeriggio.

In questi giorni ho un attacco di grafomania e di iperlalia. Invoco dal Signore la capacità di silenzio.

21.12.1998 ore 21,40

I bambini di Isa si divertono a fare il bagno, urlano, sguazzano e si tirano l’acqua.

I taiwanesi invece si divertono col karaoke.  Stanno pomeriggi interi in stanzette con microfono e schermo su cui scorrono le parole delle canzoni mentre altri aspettano il loro turno scegliendo i brani da cantare, parlottando fra loro e sgranocchiando snack. Si scaricano così, cantando da soli, neppure esibendosi.

Isa racconta che una volta, durante una passeggiata in montagna con i suoi genitori, hanno incontrato un vecchio, solo, su questa montagna, che cantava con il suo karaoke.

Cantare insieme, ad esempio un coro di montagna, è una grande novità culturale.

Cantare insieme per manifestare la propria amicizia, la gioia di essere insieme, non è nella mentalità dei taiwanesi. Farlo è una grande novità.

23.12.1998

Sono riuscito in un’impresa impossibile. Mi sono fatto pizzicare dalle zanzare taiwanesi. Sono molto simili, se non uguali, a quelle americane. Pizzicano da sopra i vestiti, fanno un male boia se gratti.

Unica differenza: non lasciano le bozze. Così non ti puoi neanche lamentare. E tutto questo d’inverno, a due giorni dal Natale. Credevo di averla fatta franca dopo quelle assolutamente assassine di Hong Kong. Ormai sarò vaccinato.

E sono sei giorni che piove.

Chen Tai Tai dice che smetterà il 27, secondo le previsioni, quando io partirò. Siccome è cominciata il 18, quando sono arrivato, lei dice che l’ho portata io, perciò prima parto, meglio è. A buon intenditor…

Se qualcuno vuole farvi gli auguri, vi augura buona sorte, salute e soldi. Ci vuole veramente una buona dose di fortuna per vivere qui a Taipei.

Questa mattina di buon’ora, complice l’insonnia, sono andato a fare una passeggiata, sotto la pioggia.

Il quartiere dove abitano Icio e Isabella, oltre all’Università, è un quartiere di fabbriche e botteghe artigiane, forse un po’ periferico, anche se il centro di Taipei non esiste.

Non c’è l’idea di centro città per i cinesi.

I marciapiedi sono sconnessi, rabberciati, con ampie pozze d’acqua, quando piove. Sporcizia e degrado un po’ dappertutto. In un retrobottega due bambine, ad una luce fioca leggono o studiano con la mamma; una stupenda, incantevole bambina con la divisa – tuta giallo verde dell’asilo aspetta il babbo sulla strada. Molte persone giovani in giacca e pantaloni (o gonna) blu con una scritta ed un numero sopra il taschino aspettano l’autobus mentre sulla strada sfrecciano centinaia di motorini, principale mezzo di locomozione qui. Piccoli bar, si fa per dire, preparano colazioni calde per chi va a scuola  o al lavoro. Qualcuno si ferma a consumarla ai 2-3 tavoli appoggiati sulla strada sotto la tettoia mentre  i gas di scarico del traffico e delle fabbriche riempiono l‘aria e i polmoni. Una nuvola bianca di vapore dall’odore acre e dolciastro insieme esce all’improvviso dalla Yakult e dopo aver investito il marciapiede, si alza verso il soprastante appartamento. Una grandissima sala di Bowling, la Top One, è già aperta (o è ancora aperta?), alcuni giovani giocano, mentre, sorpassato un porticato ben diverso da quelli di Bologna, un’ampia vetrata mostra una sala biliardi con ragazzi già (o ancora?) impegnati in una partita.

Due cani macilenti (non hanno gli occhi a mandorla: forse sono stranieri) frugano nell’immondizia sparsa un po’ per terra, mentre la verdura, le carote ed i pezzi di pollo di un piccolo ristorante aspettano all’uscita del retro in mezzo alle pozzanghere.

Qualcuno usa i guanti in plastica per porgere il cibo, qualcuno, di fianco, lava la carne e la verdura in una bacinella d’acqua per terra sul marciapiede. E si stupisce del mio stupore.

Un tempietto fra due fabbriche profuma d’incenso ed invita alla preghiera. Nel quartiere in un tempietto più grande ardono giorno e notte grandi ceri votivi e bastoncini d’incenso portano in alto le richieste di chi si ferma ad invocare gli immortali.

Mi tolgo il cappuccio come mi ha insegnato padre Pezzola. “Quello che voi adorate senza conoscere noi ve lo annunciamo”.

Arrivo fino alla Sanyo di Tai Shan e torno indietro. Acqua sopra e acqua sotto. Ma come è bello!

Questa gente è amata come lo sono io, come lo siamo noi.

Un’insegna con la svastica mi fa venire in mente i nazisti. Qui ha un altro significato.

Mentre apprezzo tutta questa umanità suscito in una ragazza lo stesso sorriso di simpatia e di compatimento che ho provocato in una hongkonghina. Là non riuscivo a capire le sue precisissime spiegazioni in ottimo inglese, qui continuavo a tenere aperta la porta automatica di un piccolo supermarket ostinandomi a guardare da fuori i titoli dei giornali ivi esposti.

Mi piace un sacco questa gente, poi mi torna in mente il realismo di don Giussani che ad Icio ha chiesto sette anni di permanenza qui. Al di là del romanticismo resta la realtà; affascinante, ma faticosa.

Ieri sera siamo andati a mangiare a casa da Lia, invitati dai suoi genitori. Due taiwanesi purosangue. Ottima cena. L’occasione era l’inizio dell’inverno. Descrivere per me i cibi cinesi è un po’ difficile perché non ne conosco i nomi. Comunque siamo stati bene. Descriverò meglio in seguito. Adesso sono un po’ a disagio. Questo strano cuore!

23.12.1998 ore 15,30

Che forte Icio! Un vero padre di famiglia, tosto e deciso. Di poche parole, ma pesanti. E che ospitalità, che attenzione!

L’eleganza e l’acconciatura di Isabella oggi meriterebbero una foto; un video non basterebbe a rendere ragione della sua capacità di insegnare e della naturalezza e passione con cui fa imparare ai suoi allievi due canzoni natalizie: “Tu scendi dalle stelle” e “In questa notte splendida”, il suo stile ed il suo charme insomma.

Gli universitari del 1° anno di corso del Dipartimento di Italiano cantano con un’ottima pronuncia ed una buona intonazione. Isabella è nata per insegnare.

Un prete con una faccia da prendere per il naso celebra oggi la Messa. Lo diresti un italiano tanto è scanzonato ed austero al tempo stesso.

Dopo la Comunione una donna inizia a piangere e singhiozzare, in silenzio come solo i cinesi sanno fare.

Anche qui, come a Hong Kong, gli spazzini si distinguono per un berretto di paglia a forma di cono, il tipico copricapo “vietnamita”, solo che qui è a cono spezzato, a Hong Kong è a punta tonda. Molto belli.

A dire la verità vedo più donne che uomini a fare questo lavoro, a Hong Kong pressoché esclusivamente donne. Mi hanno colpito per la serietà e l’impegno messo nel loro lavoro. Tenaci e veloci.

“Cristo che mi ha scelto è lo stesso che ha dato vita e forza ai martiri e alle vergini: erano persone come me, fatte di niente e di debolezza. Anch’io sono stato scelto per il martirio”. Le ha scritte padre Mario Borzaga, missionario oblato di Maria Immacolata, ucciso, martire per la fede, nel 1960 in Laos a 28 anni.

“Ho paura di morire, di divenire pazzo, di essere abbandonato da Dio. Respiro con fatica, ho dei sussulti, ma non è niente. Gesù mi ama comunque, e io l’amo”. Chiede alla Madonna “qualche tenerezza per la mia debolezza che piange e che cade”. Poi, come per un miracolo, scopre di amare i villaggi e la gente affidatigli. Il cuore si pacifica e scrive: “Adesso sono solo con Dio e Gesù è così vicino a me che non penso nemmeno per un istante di avere paura”.

Penso spesso in questi giorni a S. Francesco Saverio. Anch’io vorrei morire per questa gente, perché sia felice incontrando Gesù Cristo. Vorrei sparire calpestato come un seme che poi dà frutto, senza nome, di fronte al quale poi Gesù Cristo possa essere ringraziato. Vorrei non tornare più e qui essere piantato per poter andare incontro a Gesù Cristo qui. Sono stato così contento ieri, guardando le ragazze di Icio e Isabella, quelle che fanno con loro Scuola di Comunità, nel riscoprire lo stesso stile che Gesù ha usato con me: non per coscienza chiara, ma per amicizia verso chi era già stato preso da Lui. Una stima che si comunica perché vedi nell’amico una cosa buona, possibile anche per te.

Veni Sancte Spiritus, Veni per Mariam.

24.12.1998

La bellissima Simona e la simpaticissima silenziosissima Marina sono venute a trovare Icio e Isa. Sono appena tornate dall’Italia dopo tre mesi di assenza.

Se è lecito il paragone fra una donna ed il Memorial Chang Kai-Scek, devo proprio definire Simona il Memorial Pulchritudinis. Ma non è questo ciò che conta di più. La confidenza e la familiarità che dimostrano verso i miei due ospiti dice di una lunga consuetudine e del lavoro svolto in questi anni all’Università Fu Jen. Assieme a Lia, Margherita, Adele, Sofia, appena conosciuta, sono alcune delle ragazze amiche. Fanno Scuola di Comunità. Cristiane o no vivono questa amicizia.

Gli uccellini che al volo catturano le briciole lanciate in aria da un visitatore del Memorial Chang Kai-Scek non sanno cosa fanno e dove vivono. Neppure i grossi pesci del laghetto lì di fronte si rendono conto del loro muoversi qua e là in compagnia di centinaia di altri pesci rossi e bianchi o scuri o con i baffi.

Vivono però nel più bel pezzo di Taipei. Nel luogo più silenzioso, elegante e signorile. Un po’ maestoso, a tratti enfatico; ma sicuramente “imperiale”. Il mausoleo, ricoperto interamente di marmo di Carrara, bianchissimo, culmina con una costruzione dal tetto cinese azzurro, al cui interno un Chang Kai-Scek di bronzo, seduto e sorridente, accoglie come un padre i Taiwanesi e guarda divertito il cambio della guardia, che a mezzogiorno e per un buon quarto d’ora mette a dura prova la pazienza delle guardie stesse sottoposte ad un secco, meccanico, robotico susseguirsi di evoluzioni e movimenti delle braccia, delle gambe, dei piedi, dei fucili per poi fissarsi immobili per ore su due piccole predelle ai suoi piedi, a lato della sua sedia.

Il giardino davanti è stupendo. Un gioco intrecciato di piante, isolette fiorite, prato rasato e alberi isolati è racchiuso da un portico dove due vecchietti suonatori dilettanti di lamentosi e fascinanti strumenti musicali accompagnano la voce acuta e struggente di una ragazza in una nenia dal significato che mi sfugge.

I padiglioni del Teatro dell’Opera Cinese e della Sala dei Concerti posso solo vederli da fuori.

Ne sono estasiato. E’ un’oasi di bellezza in una città sostanzialmente cresciuta troppo e così, a macchia d’olio.

25.12.1998 S. Natale

E’ Natale. A Taipei no. Tutto è come ieri, negozi, strade, atmosfera. Solo, stamattina un pallido sole ed una temperatura mite fanno vedere che oggi è festa.

Se uno vuole vedere.

Solo l’Università Cattolica è silenziosa e non girano gli studenti nei viali e nelle aule.

Con un raro gesto di gentilezza e sensibilità Isa ieri sera mi ha passato la luce di Cristo con un lumino acceso. Tutto era immerso nel buio, tranne l’altare e Maddalena nella culla impersonava Gesù Bambino.

Una celebrazione eucaristica lunga e americanamente sentimentale si stava allungando nel tempo.

Alla Comunione, ricordando mio babbo e mia mamma gli occhi mi si sono inumiditi.

Icio si volta, allunga la mano e mi augura Buon Natale, gli occhi mi si allagano.

Quando Isa si volta e mi dice qualcosa, la distinguo a mala pena.

E’ il primo Natale lontano da casa e dagli amici, senza più i miei genitori.

Su questa isola, solo, con l’immenso Oceano Pacifico sulla destra e la mia terra lontana, vista dalla parte dove tramonta il sole. Ce n’è abbastanza. Icio e Isabella con i loro figli e Lia – Hsi Hsiao Jung in mezzo a loro sono oggi la mia famiglia.

Quando vedo tanta gente che si avvicina alla Comunione, ma riceve solo una benedizione perché non è ancora battezzata, mi viene in mente con quanta incoscienza spesso mangiamo il Corpo di Cristo.

Qui è Natale, prima che altrove. Il Papa sta riposando un po’ dopo il pranzo della Vigilia ed in America stanno facendo appena la colazione. Qui è già notte. Gesù Cristo nasce qui, ora. E nessuno lo sa. Solo pochi cristiani.

Torniamo a casa e facciamo festa. I bambini hanno ricevuto un sacco di regali. Anche a me hanno pensato. Un bellissimo vaso cinese. C’è su una scritta. Neppure Lia la capisce. E’ sempre un bel gesto di affetto. Cosa posso dire dell’ospitalità di questa famiglia in missione? Un’allieva di Isa, dopo averla sentita parlare del Natale, le si è avvicinata e le ha detto: “Da come ci hai parlato vorrei tanto passare il natale con te e con la tua famiglia”.

“Questa è la domanda che tutti fanno prima di rassegnarsi ad essere cristiani come noi: “Come fate ad essere così?”” dice Giussani.

Ed il Corpo di Cristo si dilata.

26.12.1998  S. Stefano

Il sole splende su Taipei e la temperatura è sui 15°. Ieri sera ho visto le stelle.

Dopo una notte per la gran parte insonne dovuta penso ai (buonissimi) formaggi francesi, passata a resistere davanti ai programmi di circa 80 canali della televisione, non dico alle tentazioni della carne dei film notturni quanto alla attrattiva dei cento maghi e delle mille proposte di cerotti buoni per tutto, dallo sciogligrasso, al dimagrante, all’antiacne, all’allungatore, sì, un cerotto che applicato sotto il piede dà un’energia tale da far crescere di 10-12 cm una persona, le ragazze in particolare, o quello che applicato sulla pancia o sulla coscia, anche sotto la minigonna, garantisce un fisico da sballo (per gli standard locali!), comunque fra notizie rigorosamente in cinese e lezioni, in inglese, di mandarino (la lingua) ho visto il cielo schiarirsi e Icio alzarsi tre volte e Isabella pure.

Solo Davide dorme e le cannonate non lo spostano neppure.

Ieri, al Christmas Party, ha provato a fare il delfino. E’ caduto nella vasca del piccolo parco, sotto gli occhi vigili, ma immobili di Chang Kai-Schek, bagnandosi tutto.

“Hai avuto paura?” gli ho chiesto dopo averlo aiutato ad uscire fuori dall’acqua.

“Se c’erano gli squali…” mi ha risposto.

Mi ha fatto ridere.

Fradicio come un pulcino è stato portato a casa da una signora. Isabella gli ha tolto tutto.

Nudo come un verme, meglio come un delfino, ha fatto la doccia e rivestito con la tuta di Natasha.

Come se niente fosse!

Natasha è una bambina di otto anni e mezzo. Sua mamma, la padrona di casa, è una signora francese di Lyon, vissuta sempre all’estero, Africa, America, Oriente e sposata con un cinese di Taiwan.

Natasha è Naomi Campbell da piccola.

Dire incantevole non rende l’idea. Un fisico perfetto, da modella, snella, magra, carnagione scuro-olivastra, labbra carnose, lineamenti gentilissimi. Anche la sorella più grande Ashley è bella ed il fratellino più piccolo anche. Lei però è veramente da non credere. Anche Isabella è d’accordo e Icio lo stesso. Tutti gli altri bambini, delle altre coppie, sono belli, tutte mamme cinesi ed il babbo, chi americano, chi neozelandese, chi inglese.

Sono buffi questi party. Ognuno porta qualcosa e si mangia un po’ qua un po’ là, chiacchierando, ma non insieme, si parla di tutto e di niente, della bontà del cibo, del breast feeding, del mercato azionario e delle proprie terre d’origine. Si mangia il tacchino, il cheese cake, c’è dell’ottimo vino francese, si fanno i regali ai bambini e si brinda con lo champagne. Le lingue ammesse sono l’inglese, il cinese.

La padrona di casa amabilmente parla con i figli in francese ed abbraccia il marito che, comparso all’improvviso e perfettamente estraneo allo spirito ed alla forma del party, mangia qualcosa da solo e saluta con un imbarazzato Merry Christmas, quasi fosse il postino, venuto a recapitare qualcosa, a cui cortesemente è stato offerto da bere.

La bellezza di Natasha è sconvolgente. “Spero che il buon Dio le dia una forte dose di saggezza, altrimenti da grande manda in malora se stessa ed un sacco di uomini” ho detto a Isa quando siamo tornati a casa. Si è messa ridere.

Anche sua mamma è molto bella, con occhi azzurri molto intensi. Con il suo modo di fare americano e la “malizia” tutta francese, cosa mai è venuta a fare a Taipei, come ci è capitata? Ma la domanda non mi esce dalla bocca. In questa casa tutto parla di lei: è fatta a sua misura, il gusto stesso nell’arredamento, nella cucina e nelle letture, perfino i prodotti per il bagno.

Sandra, la cinese-americana di Portland nell’Oregon ha un tratto ed un carattere interessante. Non è superficiale, nessuna delle donne presenti lo è, ma, sembra, non dover nascondere niente. Appare sincera. O è un’impressione? Peccato non sapere la lingua!

La cosa più interessante di cui ho sentito parlare come argomento è stata la somiglianza fra la lingua italiana e quella spagnola.

I rapporti fra Isabella e Jessie, una di loro, sono molto cordiali.

Forse la cosa più interessante l’ha fatta Davide cadendo nella piscina degli squali! Non so.

C’erano due presepi molto belli in quella casa, non so quanto fosse presente Gesù nella nostra coscienza. Eppure. Come mi ha detto una volta don Giorgio Pesaresi, il mio amico: “Quello che salva una situazione è qualcuno che vive lì con la coscienza che Cristo è presente”.

Ad un certo punto, seduto sui gradini, ho guardato tutto intorno, tutti e me stesso, e ho detto: “Ti offro”.

Icio e Isabella stavano lì come chi offre tutto.

Poi, vai a leggere nel cuore degli uomini!

Usciti fuori, c’erano le stelle. Natale è passato. Non siamo tornati a casa tristi. Stanchi sì. I bambini dormivano. Tortellini alla panna. Telefonate da e per gli amici. Un film con Sean Connery.

Natale qua non si vede. Gesù Cristo in noi ed in mezzo a noi sì.

Veni Sancte Spiritus Veni per …”piacere” come dice Franceschina, quando non si ricorda.

28.12.1998 ore 9,30

Che dire? Oggi è la festa dei Santi Innocenti. Oggi è l’ultimo giorno di questo mio viaggio-pellegrinaggio-scoperta. Ho sempre avuto nel cuore che la Madonna mi abbia accompagnato sempre. Non oso dire che l’ha reso possibile: io l’ho sempre pensato. Nei miei tradimenti, nelle mie distrazioni, nelle mie tante ingratitudini Lei mi ha sempre guardato. Non è una fantasia. L’accoglienza di don Francis, la compagnia di don Pezzola, l’amicizia così tenace e libera di Icio e Isabella, l’amicizia sapiente e cordiale di Hermes e Diana l’ho sempre letta come una particolare benevolenza nei miei confronti della Madre di tutti noi. Non sono mai stato lasciato solo. Ho sempre desiderato esserLe davanti come un figlio. Mi dispiace tantissimo venire via di qui.

Hermes è una miniera. Sa tutto ed aiuta moltissimo a capire ed approfondire tante cose cinesi. Diana è una cinese stupenda. Oltre la bellezza è gentile. Aspetta un bambino.

Ieri sera Hermes, dopo la Messa, mi ha invitato a mangiare in un ristorante buddista. Solo cibi vegetariani. Squisiti è dire poco. Ho pensato a don Giancarlo. Ogni volta che mangio nei ristoranti cinesi penso a don Giancarlo, che è un buongustaio e chissà come gusterebbe queste cose.

Ogni volta che mi stupisco di fronte alla Cina penso a don Giancarlo.

30.12.1998 ore 3,30

Sono a casa in Italia.

Un libretto a parte meriterebbe solamente Davide.

Il diario è finito d’improvviso a Hong Kong.

A mo’ di post scriptum voglio solo ricordare la frase di Davide, in una serata incantevole passata nel parco del Chang Kai-Schek Memorial facendo cena a panini Mc Donald con la famiglia di Icio e Isabella.

Dopo aver visto leoni e draghi in ogni siepe o boschetto ed aver notato, unico, un ragno che faceva la casa ha esclamato: “Però, che difficile questo mondo con tante cose!”

Essere saggi a quattro anni e mezzo è una bella cosa.



 

 

 

 

 

 

 

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