venerdì, novembre 10, 2023

Tutto per Luciano

E così un altro caro amico se n'è andato.
Un compagno di scuola. Eravamo bambini.
C'eravamo rivisti solo pochi anni fa, avevamo fatto festa al Maestro e oggi siamo qui in chiesa, nella bella Basilica Cattedrale di Sarsina a dargli l'ultimo saluto.

Mi sveglio tardi stamattina; se non fosse stato per Bubi chissà quando mi sarei svegliato.
Sembra che tutto concorra a non farmi arrivare a questo appuntamento. Sarà freddo, pioverà? L'autobus arriva in ritardo e va piano. Chissà se l'autista dorme ancora o avrà dormito poco. Riuscirò a prendere il treno?
Scendo alla fermata più vicina, mi fiondo di corsa verso la stazione, scendo le scale del sottopassaggio; due barboni dormono a terra sotto una coperta; il treno non è ancora arrivato, ha cinque minuti di ritardo.

Ci sono. Un'alba splendida annuncia una giornata da favola.
Cesena. Stazione piena di studenti in attesa. 
Stefano verrà a prendermi per andare insieme a Sarsina.
La farmacia apre alle 8,30 e subito arriva gente.
Le due farmaciste Marika e Federica mi sono presentate da Stefano.
Enrico bussa allla vetrina; esco e lo raggiungo. Parliamo. Il vecchio asilo delle suore mi guarda di fronte e mi risveglia i ricordi, della mattina in cui nacque la mia sorella Rosy, il primo febbraio di una giorno con tanta neve, le suore, la colazione dopo la prima comunione... ora si è trasformato in centro culturale e biblioteca.
La scuola in fondo alla strada da una parte e dall'altra la piazza, il luogo delle chiacchiere e dei giochi, dei primi sguardi alle ragazze, della partenza delle rondini a fine stagione e di tanti incontri quotidiani, il foro degli antichi sarsinati e dei nuovi e di quelli che verranno dopo di noi. Il tempo passa e il mondo si rinnova. Chi c'era non c'è più e chi sarà non ancora, ma la piazza è sempre lì.

Enrico, l' "umarein", mi guida a scoprire tutte le novità, lo scavo nuovo con il tempio riscoperto. Dovevano farci una nuova palestra, con sala multifunzionale e sotto un supermercato Conad, tanto pagava Roma e scavando scavando per puntellare e fare fondamenta, voilà spunta un recinto in pietra arenaria e un pavimento in marmo rosso. E' venuto anche Sgarbi e il Ministro, entusiasti. Bellissimo e tutti i lavori fermi. Chissà cose ne faranno! Il sasso in calcestruzzo della fucina del fabbro l'hanno trovato mentre costruivano una casa ed è rimasto lì, sotto la casa. 
Le case nuove e quelle che c'erano. Giriamo per la Sarsina che c'è e quella che non c'è più.
Enrico è un'ottima guida, con un'ottima memoria. Perché non lo assume la Pro Loco?
Ritrovo il cortile in cui giocavo con l'Elisabetta; la casetta di Fiuchin, l'orologiaio non c'è più e al suo posto una nuova casa ora chiusa. Il nostro grande giardino è sempre stato piccolo, me ne accorgo ora, ma noi ci perdevamo in esso. Il negozio che già fu di Pompeo il barbiere e di Giovanni, il suo garzone, tanto amato dal Maestro.

Giampiero ci raggiunge verso la città bassa. 
Mascherina sul volto, andiamo a far visita a Stefano, il macellaio. Ricordo ancora suo babbo. Il suo fratello gemello Carlo non è mai uscito dalla mia mente e del mio cuore. Adesso non c'è più, nemmeno lui e Armandino e Muzietto, che ci hanno preceduto ed ora Luciano.
Ci accoglie sulla porta e ci sediamo in sala, sul divano. Come se ci fossimo lasciati il giorno prima e sono passati decenni. Si scherza, si ride, si ricorda, si esce insieme ad attendere Luciano. Verrà da Cesena con la moglie e i figli per l'ultima volta. Nato lontano ha voluto riposare coi nonni il babbo e la mamma. Sarsina è stregata: ti entra nel cuore e non ne esce più.
Ricordo bene quando tornò dall'India. L'unico di noi che parlava inglese. "Come on" diceva e noi lo seguivamo incantati. Chi sapeva parlare inglese come si parla l'italiano?! Vuoi mettere? Noi avevamo letto nei libri i posti di Sandokan; lui li aveva visti!

In piazza Fabrizio, Tobia, Giovannino, Enrico, Olindo e Roberto ci aspettano. Festa e saluti, inondati dal sole. Voglio vedere la "mia" villetta davanti al Consorzio Agrario, che ora non c'è più, sostituita da una villa grande, che ha occupato tutto il giardino davanti e l'orto sul retro.
Luciano è già entrato in chiesa e giace a terra sul tappeto rosso con dei fiori sopra la cassa.
La chiesa è piena, di tanta gente e tanti amici venuti da lontano. La moglie e i figli vicini a lui. La chiesa è sempre bella. L'omelia del sacerdote è semplice e chiara. L'amore vince ogni cosa e nulla va perduto.

All'uscita la Giovanna dei tabacchi fa una foto a tutti noi e Stefano del macello è in mezzo a noi. Luciano aspetta nell'auto aperta. Tobia lo nota e ci dice: "Come si usava una volta". Ci salutiamo. Dio voglia che ci ritroviamo ancora insieme. Nulla succede a caso. "Dobbiamo andare in Paradiso tutti, Giampiero -  gli dico - sarebbe un peccato non farlo ora che ci siamo ritrovati".

Seduto sulla panchina appoggiata al muro dell'Ufficio Postale attendo l'arrivo di Giampiero. Andremo a mangiare un piatto di tagliatelle come non si mangiano da nessuna parte al mondo. Fabrizio mi vede, mi presenta sua moglie Vincenza e m'invita a gustare le fave dei morti. In questo piccolo bar pasticceria sotto i portici gustiamo un aperitivo e ci parliamo di tanto e di ciò che verrà. Anche i "vecchi" hanno un loro futuro e desideri inespressi. Chissà perché desideriamo sempre che la nostra vita si compia e sia bella.
Stefano e Giampiero mi hanno cercato col telefono, volevano quasi scrivere a "Chi l'ha visto". Avevo dimenticato di riattivare l'audio.

"Andiamo a mangiare!" 
Saluto mio fratello, Marika e Stefania e seguo Giampiero, fiducioso e contento di stare con lui. Il ristorante, piccolo e molto accogliente, si trova di là dall'altra  parte della strada, trafficatissima a suo tempo dai camion che andavano a Roma ed ora vuota del traffico pesante che la superstrada lungo il fiume ha sostituito permettendo di non passare più per le pericolose curve di Quarto. Entriamo. 
Una bellissima ragazza africana mi incrocia quasi sulla porta. La conosco. Ma si, è proprio lei! Con l'ultima bambina nata, stupenda con una fascia in testa. 
"E tu cosa ci fai qui?"
"Ti ho visto prima in chiesa. Sono amica della figlia di Luciano"
Che sorpresa fantastica! Un'amica carissima di Bubi, nuora di un'amica indimenticabile, e suo marito...la Kelly!
La presento a Giampiero.

Un tavolino al centro della piccola sala ci accoglie con tanti avventori. Si mangia bene qui e a buon prezzo! Ci accomodiamo, ordiniamo. Tagliatelle ai piselli e ravioli al ragù. Il panorama è fantastico. Tutta la valle a mare si apre davanti a noi e Perticara in cima sullo sfondo.
Le storie della famiglia Fabbri ci fanno da contorno; la notizia di una camion che brucia in galleria ci riportano alla realtà. La lunga fila di auto che vediamo dall'alto di Calbano e che troviamo al ritorno da questo piccolo borgo sovrastante la città capitale degli Umbri prima che Roma la facesse sua, ci rivela tutto il dramma. Superstrada chiusa e lunga fila sulle curve della vecchia strada per la Città Eterna. Pochi chilometri per una lunghissima attesa.

Il nuovo Teatro Plautino in cima a Calbano è come una cattedrale nel deserto. Pochi giorni di manifestazione teatrale e lunga pausa in attesa di quelle future. Grande, moderno, da 900 posti, ad anfiteatro come si usava in antico, con copertura automatica in caso di pioggia, aspetta paziente i grandi attori e gli appassionati spettatori.

Lungo la valle che porta a S. Agata Feltria nuovi racconti e nuovi sguardi. Giampiero mi porta a vedere dei posti incantati: Petrella Guidi, il piccolo borgo che guarda dall'alto la riva sinistra del Marecchia in faccia a Pennabili sull'altro lato, è stato rinnovato e abitato da ricchi amici di Tonino Guerra. Vediamo due lastre coi nomi di Fellini e la Masina, sua moglie. Scendiamo a Ponte Messa per il pane e la farina. Il forno è chiuso ed il mulino rinnovato macina in continuazione il grano. Molino Ronci, macinato a pietra. Marcello, il proprietario e amico di Giampiero ci saluta cordiale. Passano gli anni, muta il colore dei capelli, ma la stima e l'affetto restano immutati.

Saliamo a Pennabilli. Entriamo nel paese. All'angolo della piazza il mini-ristorante della Peppa conserva solo la vetrina. In mezzo alla piazza la fontana della pace ci ricorda il tempo in cui i due borghi contigui di Penna e di Billi si unirono in un'unica comunità. Dall'alto della roccia di Penna si vede ancora sulla cima dela roccia vicina la croce e il convento delle monache di Billi. La campana tibetana, copia dell'originale di Lhasa, ricorda ancora il lavoro e la missione di Fra' Francesco Orazio Olivieri della Penna in quel paese lontano dove nasce il Gange. Appena più in basso una targa in maiolica di Tonino Guerra ricorda la vita di una donna che amava chiccchierare in silenzio con la Madonna nella chiesa contigua. Un bellissimo affresco della Vergine in trono col bambino ci accoglie nella penombra della sera e della chiesa. Nelle sere invernali e nelle calde giornate estive le due donne si parlavano da amiche. Sull'altare una luce rossa accesa ci ricorda la presenza del padrone di casa. Nell'ampio spazio semplice, un organo sulla porta non suona, ma ci ricorda che il luogo è frequentato. Le strade strette ci riportano in piazza e poi a valle. Giampiero conosce bene e ama questi luoghi. Torniamo e verso casa, una breve deviazione ci porta in un angolo sconosciuto, un ghetto di case pressochè invisibile dalla via principale che percorre verso l'appennino l'appendice nuova della Provincia di Rimini riportando in Romagna questa terra al confine, contesa  in antico fra i Duchi di Urbino e i Malatesta da Verucchio, signori di Rimini. Una loro discendente è tuttora mia amica di Liceo. 
La storia si rinnova e passando di età in età ci rende edotti a chi apparteniamo: non siamo soli, siamo di qualcuno.

Nel silenzio della sera e nel traffico convulso del fondo valle, sulla Marecchiese. giungiamo a S. Ermete. Sono a casa. Il buon Giampiero tornerà a Imola, da sua moglie e da sua figlia Sara.
Che bella giornata! Gli amici, le nuove scoperte, gli incontri, la compagnia, i ricordi, il sole e la vita. 
Tutto per Luciano. Grazie a Luciano.

"Suonaci qualcosa che sia dolce e amara come la vita" dice un brigante a Toma Alistar nel meraviglioso film di Emil Loteanu "I Lautari".
La vita è molto di più che un film, è un film vero, in cui ciascuno di noi partecipa da protagonista. 
Si nasce si muore, dentro una  bellezza che incanta, di cui la morte non è l'ultima parola. 
Grazie a Gesù. 
Grazie a Luciano, oggi con Lui.













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