lunedì, marzo 25, 2019

Tommy dell'altra parte


Una piccola scarpetta verde fu la prima cosa che apparve ai piedi della grande quercia di Gemmano, quella che si trova lungo il sentiero a valle del campo sportivo. Nemmeno gli anziani più anziani ricordano quando fu piantata o forse fu solo portata dal vento la ghianda, che le diede vita, caduta e rotolata da chissà dove. D’inverno affonda in un piccolo pantano, d’estate la terra è secca per quanto, sotto sotto, scorra un piccolo rivo d’acqua, che dal monte Gardo scende a valle attraversando, sotterraneo, il cimitero e viene alla luce, come polla nascosta nel bosco sulla pista abbandonata, poco sopra la chiesa di Farneto, distrutta dai cannoni inglesi alla caccia degli ultimi cecchini tedeschi.

Una scarpetta verde di una foggia strana sbucò, non vista, all’improvviso, in pieno giorno e, poco dopo, un’altra e due gambette semoventi, un paio di buffi calzoncini corti, una blusa color nespola, due mani, le spalle e infine un viso simpatico.
Con un’agile capriola la strana creatura si rivoltò testa-piedi e si mostrò ritta in tutta la sua altezza con la testa verso il cielo, come tutti gli abitanti di questo mondo, noi, siamo abituati a fare fin da quando impariamo a camminare. Anch’essa si mise a camminare così; ma si vedeva bene che non era molto capace, un po’ come gli astronauti quando vagolano nello spazio a 300 Km dalla Terra attaccati col tubo per non finire chissà dove. L’esserino non aveva nessun tubo e la volpe che gli passò di fianco non ebbe alcunareazione di stupore: ne aveva visti di bipedi umani!

Si guardò intorno, si aggirò per il bosco ed infine entrò in paese e anche lì nessuno ci fece caso: gli abitanti erano abituati a vedere i bambini, un bambino un po’ stranito in verità. Si stupiva di tutto e faceva strane domande in una lingua sconosciuta. “Un forestiero” pensavano “ma dove sono i suoi genitori?”
A dire il vero questo bambino forestiero aveva ormai 40 anni o meglio 327 glu, come li chiamavano loro ed era molto più che un astronauta, era un vero pioniere, una sorta di Magellano, tanto per capirci. Il suo mondo era dall’altra parte del mondo. Letteralmente dal mondo sottosopra.

Avete mai guardato un albero? Le querce sono grandi, forti, antiche e crescono lungo i corsi d’acqua o lì vicino; ma tutti gli alberi, tutti tutti, affondano le radici nella terra e innalzano i rami verso il cielo. Così li vediamo noi e li conosciamo fin da piccoli; ma…dall’altra parte del suolo, quali sono le radici e quali i rami? Noi li vediamo succhiare l’acqua da sotto e alzarsi verso il sole da sopra, ma…come li vedono quelli che abitano dall’altra parte? Il nostro sole detta gli anni, dall’altra parte ci sono i glu. L’acqua da noi scorre strisciando, dall’altra parte vola in alto, dove il croc (cielo) è scuro e solido, quello che noi vediamo luminoso e trasparente con un colorino azzurro che incanta ed un rosa così soffice all’inizio e alla fine del giorno per ricordarci che siamo maschi e femmine, grazie a Dio, per aiutarci a diventare grandi insieme.

Ecco Tommy veniva di lì, dal mondo in cui si cammina a testa in giù per noi e noi per loro, piedi contro piedi, come un mondo di specchio. Perché proprio ai piedi di un albero? Avrebbe potuto scavare un buco e arrivare più agilmente così. Perché l’idea gli era venuta proprio guardando i trunc (alberi), che lui amava tanto perché danno dei frutti dolcissimi (slurp). Dall’altra parte infatti sono le radici (cloc) che fanno frutti, mentre i rami con le foglie (grasp) vengono a succhiare quell’aria frizzantina e quei suoni dolcissimi che spandono gli uccelli e i bambini quando giocano, che danno quel che di “tiramisù” ai frutti dolcissimi di cui si parla.

Era un genio! Si era messo in testa di scoprire cosa ci fosse dall’altra parte del mondo e, per quanto lo prendessero per matto gli amici e i fratelli, non aveva esitato ad avventurarsi là dove nessuno mai aveva pensato di andare, perché… perché è sempre stato così: i cloc sono cloc e i grasp sono grasp. “Allora perché mi chiedo cosa c’è di là?” si diceva e domandava agli amici.

Era sceso lungo i cloc perché erano come una specie di scivolo naturale e dopo un po’ con naturalezza aveva toccato l’aria ritrovandosi finalmente … a testa in giù. Gli abitanti di là vanno a scuola come noi e come noi fanno ginnastica. La capriola dunque fu perfetta e gli permise di camminare come un umano di qua.

Ciò che vide a Gemmano fu un incanto, un altro mondo: una strana distesa azzurra occupava tutto lo spazio laggiù in fondo. Non conosceva il mare. Nel suo mondo ci sono bellissimi laghi cristallini, che, senza luce, loro avvertono solo come un senso di leggera felicità. Il mare lo chiamò lui la prima volta e lo chiamò “mare” perché aveva sentito alcuni vecchi appoggiati al muretto emettere questo strano suono. Le sue orecchie sentono bene i suoni perché i suoni viaggiano più forti e chiari sottoterra.
Fu la prima parola che imparò da noi. Ne fu felicissimo. Ecco a che cosa gli erano serviti quei lunghi anni e noiosi di studio del Frollanico antico, un po’ come succede a noi con il Greco e il Latino. Quel suono “strano” gli dava una gioia, come se tutta la sua fatica e la sua età fosse come quella distesa di un blu così carico e consolante con il senso di un oltre, di un destino. “Cosa c’è di là?” si sorprese a pensare.
Il sole lo scaldava come nemmeno tutto il magma del suo mondo faceva. Bello, giallo, dolce e tenace. Sembrava così lontano! E le colline, le valli, i paesi…che nome avranno?
I suoi occhi vedevano come i nostri, come i nostri erano fatti; ma, nel mondo senza luce, come si fa a vedere? Mistero! Non si può sapere tutto.

Nel suo mondo erano fragili come noi, invidiosi, gelosi, curiosi, irosi e perfino petalosi…esattamente come noi. Ma no! Petalosi sono solo i fiori come le margherite, che loro hanno simili, non proprio uguali uguali.

E Rimini a nord, Gabicce a destra, Riccione proprio davanti e la dolcissima San Clemente dov’era nato il favoliere tanti anni fa, ma Tommy ancora non lo conosceva, pur avendolo visto: da lui, senza saperlo e dal suo amico aveva imparato la prima parola del mondo di qua, quel “mare” così pieno di nostalgia nel suono e di desiderio.

Dopo un po’ di tempo, Tommy si allontanò dal balcone dove tutte quelle meraviglie gli si erano spalancate davanti e calmo calmo se ne tornò alla vecchia quercia lungo il sentiero. Si arrampicò (o si calò) lungo i cloc (radici) e tornò a casa felice.
Nessuno vide il suo arrivo, nessuno vide la sua partenza. Solo la vecchia quercia sa e solo il vecchio favoliere. 
Lui va e viene spesso per la stessa via, come tante nostre Missioni Apollo.

Guardate bene - vi svelo un segreto - nelle piante del parco o del giardino, in basso verso terra, in quelle lungo il fiume o sui fossi, a volte anche nei vasi di fiori che le mamme tengono sul davanzale delle finestre: ogni tanto, a sorpresa, sbucano delle scarpette di diversi colori. La via è stata aperta ed anche noi possiamo usarla. Da molti gurl (anni) i nostri amici “a rovescio” ci visitano discreti ed hanno imparato l’Italiano. 
E se vedete alcuni bambini girare un po’ straniti per le calli di Venezia o i vicoli di Napoli, niente paura, ricambiate il sorriso: anche a loro piace questo strano mondo, sulla crosta della palla blu, che gira, paziente, sotto la luna, amando al tempo stesso il loro. Così com’è.




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