Una piccola scarpetta verde fu la
prima cosa che apparve ai piedi della grande quercia di Gemmano, quella che si
trova lungo il sentiero a valle del campo sportivo. Nemmeno gli anziani più
anziani ricordano quando fu piantata o forse fu solo portata dal vento la
ghianda, che le diede vita, caduta e rotolata da chissà dove. D’inverno affonda
in un piccolo pantano, d’estate la terra è secca per quanto, sotto sotto,
scorra un piccolo rivo d’acqua, che dal monte Gardo scende a valle attraversando,
sotterraneo, il cimitero e viene alla luce, come polla nascosta nel bosco sulla
pista abbandonata, poco sopra la chiesa di Farneto, distrutta dai cannoni
inglesi alla caccia degli ultimi cecchini tedeschi.
Una scarpetta verde di una foggia
strana sbucò, non vista, all’improvviso, in pieno giorno e, poco dopo, un’altra
e due gambette semoventi, un paio di buffi calzoncini corti, una blusa color
nespola, due mani, le spalle e infine un viso simpatico.
Con un’agile capriola la strana
creatura si rivoltò testa-piedi e si mostrò ritta in tutta la sua altezza con
la testa verso il cielo, come tutti gli abitanti di questo mondo, noi, siamo
abituati a fare fin da quando impariamo a camminare. Anch’essa si mise a
camminare così; ma si vedeva bene che non era molto capace, un po’ come gli astronauti
quando vagolano nello spazio a 300 Km dalla Terra attaccati col tubo per non
finire chissà dove. L’esserino non aveva nessun tubo e la volpe che gli passò
di fianco non ebbe alcunareazione di stupore: ne aveva visti di bipedi umani!
Si guardò intorno, si aggirò per
il bosco ed infine entrò in paese e anche lì nessuno ci fece caso: gli abitanti
erano abituati a vedere i bambini, un bambino un po’ stranito in verità. Si
stupiva di tutto e faceva strane domande in una lingua sconosciuta. “Un forestiero”
pensavano “ma dove sono i suoi genitori?”
A dire il vero questo bambino
forestiero aveva ormai 40 anni o meglio 327 glu, come li chiamavano loro ed era
molto più che un astronauta, era un vero pioniere, una sorta di Magellano,
tanto per capirci. Il suo mondo era dall’altra parte del mondo. Letteralmente
dal mondo sottosopra.
Avete mai guardato un albero? Le
querce sono grandi, forti, antiche e crescono lungo i corsi d’acqua o lì
vicino; ma tutti gli alberi, tutti tutti, affondano le radici nella terra e
innalzano i rami verso il cielo. Così li vediamo noi e li conosciamo fin da
piccoli; ma…dall’altra parte del suolo, quali sono le radici e quali i rami?
Noi li vediamo succhiare l’acqua da sotto e alzarsi verso il sole da sopra, ma…come
li vedono quelli che abitano dall’altra parte? Il nostro sole detta gli anni,
dall’altra parte ci sono i glu. L’acqua da noi scorre strisciando, dall’altra
parte vola in alto, dove il croc (cielo) è scuro e solido, quello che noi
vediamo luminoso e trasparente con un colorino azzurro che incanta ed un rosa
così soffice all’inizio e alla fine del giorno per ricordarci che siamo maschi
e femmine, grazie a Dio, per aiutarci a diventare grandi insieme.
Ecco Tommy veniva di lì, dal
mondo in cui si cammina a testa in giù per noi e noi per loro, piedi contro
piedi, come un mondo di specchio. Perché proprio ai piedi di un albero? Avrebbe
potuto scavare un buco e arrivare più agilmente così. Perché l’idea gli era
venuta proprio guardando i trunc (alberi), che lui amava tanto perché danno dei
frutti dolcissimi (slurp). Dall’altra parte infatti sono le radici (cloc) che
fanno frutti, mentre i rami con le foglie (grasp) vengono a succhiare quell’aria
frizzantina e quei suoni dolcissimi che spandono gli uccelli e i bambini quando
giocano, che danno quel che di “tiramisù” ai frutti dolcissimi di cui si parla.
Era un genio! Si era messo in testa
di scoprire cosa ci fosse dall’altra parte del mondo e, per quanto lo
prendessero per matto gli amici e i fratelli, non aveva esitato ad avventurarsi
là dove nessuno mai aveva pensato di andare, perché… perché è sempre stato
così: i cloc sono cloc e i grasp sono grasp. “Allora perché mi chiedo cosa c’è
di là?” si diceva e domandava agli amici.
Era sceso lungo i cloc perché
erano come una specie di scivolo naturale e dopo un po’ con naturalezza aveva
toccato l’aria ritrovandosi finalmente … a testa in giù. Gli abitanti di là
vanno a scuola come noi e come noi fanno ginnastica. La capriola dunque fu
perfetta e gli permise di camminare come un umano di qua.
Ciò che vide a Gemmano fu un
incanto, un altro mondo: una strana distesa azzurra occupava tutto lo spazio
laggiù in fondo. Non conosceva il mare. Nel suo mondo ci sono bellissimi laghi
cristallini, che, senza luce, loro avvertono solo come un senso di leggera
felicità. Il mare lo chiamò lui la prima volta e lo chiamò “mare” perché aveva
sentito alcuni vecchi appoggiati al muretto emettere questo strano suono. Le
sue orecchie sentono bene i suoni perché i suoni viaggiano più forti e chiari
sottoterra.
Fu la prima parola che imparò da
noi. Ne fu felicissimo. Ecco a che cosa gli erano serviti quei lunghi anni e
noiosi di studio del Frollanico antico, un po’ come succede a noi con il Greco
e il Latino. Quel suono “strano” gli dava una gioia, come se tutta la sua
fatica e la sua età fosse come quella distesa di un blu così carico e
consolante con il senso di un oltre, di un destino. “Cosa c’è di là?” si sorprese
a pensare.
Il sole lo scaldava come nemmeno
tutto il magma del suo mondo faceva. Bello, giallo, dolce e tenace. Sembrava
così lontano! E le colline, le valli, i paesi…che nome avranno?
I suoi occhi vedevano come i
nostri, come i nostri erano fatti; ma, nel mondo senza luce, come si fa a
vedere? Mistero! Non si può sapere tutto.
Nel suo mondo erano fragili come
noi, invidiosi, gelosi, curiosi, irosi e perfino petalosi…esattamente come noi.
Ma no! Petalosi sono solo i fiori come le margherite, che loro hanno simili,
non proprio uguali uguali.
E Rimini a nord, Gabicce a
destra, Riccione proprio davanti e la dolcissima San Clemente dov’era nato il
favoliere tanti anni fa, ma Tommy ancora non lo conosceva, pur avendolo visto:
da lui, senza saperlo e dal suo amico aveva imparato la prima parola del mondo
di qua, quel “mare” così pieno di nostalgia nel suono e di desiderio.
Dopo un po’ di tempo, Tommy si
allontanò dal balcone dove tutte quelle meraviglie gli si erano spalancate
davanti e calmo calmo se ne tornò alla vecchia quercia lungo il sentiero. Si
arrampicò (o si calò) lungo i cloc (radici) e tornò a casa felice.
Nessuno vide il suo arrivo,
nessuno vide la sua partenza. Solo la vecchia quercia sa e solo il vecchio
favoliere.
Lui va e viene spesso per la stessa via, come tante nostre Missioni
Apollo.
Guardate bene - vi svelo un
segreto - nelle piante del parco o del giardino, in basso verso terra, in
quelle lungo il fiume o sui fossi, a volte anche nei vasi di fiori che le mamme
tengono sul davanzale delle finestre: ogni tanto, a sorpresa, sbucano delle
scarpette di diversi colori. La via è stata aperta ed anche noi possiamo
usarla. Da molti gurl (anni) i nostri amici “a rovescio” ci visitano discreti
ed hanno imparato l’Italiano.
E se vedete alcuni bambini girare un po’ straniti
per le calli di Venezia o i vicoli di Napoli, niente paura, ricambiate il
sorriso: anche a loro piace questo strano mondo, sulla crosta della palla blu,
che gira, paziente, sotto la luna, amando al tempo stesso il loro. Così com’è.
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