mercoledì, febbraio 20, 2019

Uno scherzo da prete nero-arancio

Alcuni giorni fa è morto il Presidente Cesare Zangheri, per tutti "Rino".
Il funerale si è svolto nella Chiesa di S. Giovanni Battista ieri nel primo pomeriggio.
La chiesa era strapiena. Parenti, amici, giocatori, tifosi. 
C'era il Sindaco Gnassi, in fascia tricolore con due vigili in alta uniforme e gonfalone della città, la nostra Rimini.
C'ero anch'io.
Per nostalgia, dovere e gratitudine... e anche per chiedere perdono al Presidente Zangheri.
Nostalgia perché nel 1980 mi avevano accolto come massaggiatore della squadra e stavo molto bene con loro, sia i giocatori sia dirigenti, una vera e propria famiglia. Erano i tempi di Gualtiero Carli, vicepresidente, del Dr. Zucconi e di suo fratello Sergio, di Mansilla, Spica, Long, Romano, Carelli, Colabello, Orrizzi, Ceccaroli e tutti gli altri, un grandissimo team, di Nicky, l'autista del pullman con cui si andava in trasferta, che preparava anche i panini ed era la "mascotte" della squadra. 
Campioni d'Italia e d'Europa. 
Dovere perché Zangheri era un grande, non solo nello sport e nel lavoro, ma anche nella carità: ha costruito a sue spese un ospedale in Africa e ieri due suore dell'Istituto che gestisce quell'ospedale sono venute da Savona per ringraziare e rendere nota questa sua generosa attività.
Gratitudine perché mi avevano accolto bene e mi era stato perfino rinnovato l'incarico per il 1981.
Ed ecco la richiesta di perdono, che non ho mai avuto il coraggio di fargli in vita.

Mi ero invaghito di una ragazza polacca, una "blondina" o "blondinka" come si dice da quelle parti, che avevo conosciuto in Italia.
Le avevo scritto, manifestata la mia passione e lei mi aveva risposto invitandomi  ad andare a trovarla a Varsavia, dove lavorava come infermiera.
Preparate le carte, rinnovato il passaporto, ottenuta in prestito la Golf Diesel del mio amico Bubi, contattato gli amici con cui viaggiare fino a Cracovia, racimolato soldi e regali, ero pronto a partire.
Solo che di lì ad una settimana sarebbe iniziato il Campionato di Baseball.
Che fare? 
Capperi! 
Mi avevano rinnovato la fiducia come massaggiatore della Derbigum, ero contento di stare con loro, mi avevano regalato la pallina della vittoria con tutte le loro firme, ero stato anche citato con parole lusinghiere sullo "STADIO" e paragonato al notissimo massaggiatore Colombara della Nazionale Italiana di Baseball...
Come si dice? 
"Tira più un pelo di f... che un paio di buoi"
Ricordo ancora benissimo, come fosse adesso.
Mi recai da Gualtiero, nel suo negozio di sport in via Coletti, senza dire niente agli amici, senza chiedere consiglio, da anarchico...o da pataca
Mi accolse con un sorriso. 
Gli dissi: "Gualtiero, non ci sono quest'anno con la squadra; vado in Polonia".
Mi guardò triste e mi disse: "Così ci lasci in braghe di tela!"
A una settimana dall'inizio del Campionato...
Se fosse ancora vivo, andrei in ginocchio a chiedergli scusa". 
Lo vidi allora per l'ultima volta.

Andai in Polonia. Era il tempo di Solidarnosc e del possibile e temuto intervento sovietico, poco prima del "colpo di stato" del Generale Jaruzelski. 
La polonia è bellissima e mi ha lasciato un segno profondo nel cuore; ma, naturalmente, con la ragazza finì malissimo: aveva già il fidanzato e insomma, mi aveva fatto andare lassù per un paio di jeans "per un suo collega" mi aveva scritto. E gliene avevo portati due.

Oltre il danno la beffa.
Io non sono molto pronto a capire le cose ad onta della mia supposta fama di "genio" da parte degli amici. In questo senso mi sento molto affine ai bambini Down, che pure amo alla follia.

Niente morosa e niente campionato.
Al ritorno, con le pive nel sacco, l'allenatore in seconda della Derbigum mi consigliò di parlare con Zangheri, offrire le mie scuse e chiedergli di riaccogliermi come massaggiatore. Non ne ebbi mai il coraggio. Andai un giorno al campo, lo vidi nel bar deciso a parlargli. Avanzai di qualche passo, stava scherzando con una persona, mi fermai indeciso, poi mi voltai e me ne andai. Conoscevo il suo carattere e temevo la sua reazione. Lo vidi lì per l'ultima volta.

Ieri non potevo mancare, non volevo mancare. 
Al termine della Messa mi sono avvicinato di soppiatto alla bara. 
L'ho baciata, chiedendogli mentalmente perdono.
Poi sono andato al campo, insieme ai giocatori e ai tifosi, alla famiglia e ai ragazzini della nuova leva.
Ho pregato, come allora, che il Baseball non finisca a Rimini.
Ceccaroli mi ha abbracciato e mi ha chiesto se facessi ancora il massaggiatore.
Gli ho detto di no, che non posso più. Ho ritrovato Mike, Dodo, Eddy, Mulazzani, Gibo, Sergio, Beppe. Rick non c'è più da due anni.
Sono entrato ancora una volta nel campo e sono sceso ancora nel "Dugout"

Grazie, Signore Presidente Zangheri.
Pace fatta!
Ad maiora. 
Dicono che da "Lassù" il baseball si gode in modo particolare.
Lunga vita alla famiglia Zangheri! Lunga vita al Baseball Riminese!


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