domenica, agosto 12, 2018

Tre donne intorno al cor mi son venute

Il piccolo ruscello scende dalla collina fra sassi e cespugli, attraversa la strada sotto un piccolo ponte, piega da un lato all’improvviso  e corre sulla porta della casetta sul bordo del campo, dove abita la Rosina.
Alcune volte, senza chiedere il permesso, entra anche in casa, quando vento e tempesta schiaffeggiano quella valle così cara alla Madonna.
“La ragneva ma tot, ma  l’era la ma ad tot”[1]
Rosina è partita. Se né andata in Paradiso, dalla città sul mare dove l’hanno portata perché non ce la faceva più. Tanti anni passati a chiacchierare con la sua Madonnina, tanti anni a tenerle pulita la casa, a ricevere i suoi ospiti, a stare con Lei da sola. “Ti saluto, Madonnina” quando entrava e “Ti saluto, Madonnina” quando usciva. 
La chiesa di Valliano è lì dal IV secolo. La custodiva da anni. Il giorno delle feste e i giorni del lavoro. Quante volte aveva fatto quella salita! Fino a quando, un giorno di primavera , s era abbandonata sul petto del prete che lei amava e gli aveva confidato: “Non so se ci vedremo ancora…” 
La Madonnina l’aspettava…


Chissà se a Filadelfia c’è un ruscello o un fiume grande?! 
E’ così lontana la città dove  si amano i fratelli e dove fu scritta la libertà degli americani, quegli stessi che poi lanciarono l’apocalisse su Nagasaki!
Una bambina, una giovane sposa, una mamma, una prof, che amava i suoi ragazzi. 
Colette fu italiana a causa del marito e parlava così bene la nuova lingua che tutti ne erano stupiti. Sempre allegra, sempre serena, sempre grata… fino al giorno in cui il suo fegato impazzì e dopo pochi mesi Colette fu, la pancia gonfia e senza più capelli. 
E’ strano! Tutto passa, il tempo ruba la vita e la trasforma, la porta al nulla, sembra, come ombra che passa, eppure… il giorno che il Pope incensò la salma fra i canti e le preghiere, Colette radunò tanti amici, diversi, cristiani divisi, tutti attorno a lei, tutti tristi e lieti, perfino i ragazzini compunti e presenti, senza lacrime disperate, con dolci sorrisi e sereni.
Un umile piccolo cimitero di campagna accoglie la figlia dell’orgogliosa aquila dalla testa bianca.
Ut unum sint.


Non c’è pace in Europa. Un semplice soldato tedesco muore colpito dal fuoco nemico. 
Dalla parte giusta o no, la guerra è assurda e senza senso, distrugge cose e persone, lascia orfani i bambini. Che colpa ne hanno? 
Un anno è poco. Non sai nemmeno che volto ha tuo babbo e non lo conoscerai mai. 
La piccola bambina solo nel racconto della mamma lo vede e lo desidera. 
“L’anima mia desidera il Tuo volto”.
Il tempo trascina con sé anche i bambini. Pur soli e disperati diventano grandi.
La Baviera è cattolica e si va a Messa la Domenica, più o meno certi  della presenza di un Dio buono.
Christa va e ogni tanto prega. Qual è la mia strada?
Un volto, una vicina di casa coi capelli scuri, una strana tedesca, per lei così bionda e così ariana.
Una tazza di tè e diventano amiche, confidenti, sorelle. 
Una vita insieme, le vacanze insieme, in Italia, con altri amici. E’ la loro famiglia.
Christa è silenziosa, atletica, corre per le montagne.
Una visita e la triste notizia. Pochi mesi di vita. Il male del secolo ha colpito ancora, quello che non guarda i confini, non si cura dell’età e prende possesso della carne altrui come fosse la propria.
Christa è lieta, serena, gioiosa. “Conoscerò mio padre e tutti quelli che mi aspettano”.
Un pranzo per gli amici  e la festa di un incontro atteso e desiderato. Tutto è buono.
Christa è bella, molto più bella ora di quando era giovane. 
Gli amici vanno per farle coraggio e tornano consolati.
Non è un funerale; è una festa.

Il tempo fa così, si riempie passando, non porta via, compie.
Si compiono gli anni e cresce la vita. Il tempo è un cammino.

Il piccolo ruscello, il dolce Rio Melo, scorre sempre sotto la strada, poi sbuca e s’immerge gorgogliando nel campo a valle, verso il mare.

“Tempus sicut umbra fugit et nulla est mora” è scritto sulla meridiana di una chiesa polacca.

Il tempo fugge come l’ombra e non v’è pausa.
Il tempo compie come il mare e non v’è dubbio.



[1] Sgridava tutti, ma era la mamma di tutti

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