Ci
fu un tempo in cui le donne che dovevano lavorare affidavano i bambini alle
suore, nell’asilo o, già grandicelli, alla loro cura dopo la scuola per il
tempo necessario all’uscita dal loro lavoro. Le infermiere sposate in modo particolare.
Fu
così che Mimmo imparò l’arte di lavorare a maglia coi ferri.
Un
maschio. Che problema c’è?
Se
ne vantava spesso, divertito e orgoglioso, lui, che aveva operato in Iraq, fra
i guerrieri curdi, al tempo della prima guerra del Golfo, con gli uomini armati
a fare da sentinella, mentre i chirurghi cercavano di ricucire ferite e
tamponare emorragie di povera gente e di bambini incappati in bombe e
bombardamenti.
Mimmo
amava i bambini. Come li amava!
Li
amava in ogni luogo, divertendo col giochetto del pollice una orfana bambina
mongoloide o tentando di addormentarli con l’anestesia. Ne aveva salvata anche
una data per spacciata dai dottori ed ora diventata dottoressa. Dei bambini.
Mimmo
aveva tre bambini. Due femmine e un maschio. Bellissime, giocose, felici le
femmine più l’erede ancora piccolissimo ed una moglie conquistata con la
simpatia e la tenacia, che lo contraddistinguevano. Tenace e deciso al punto da
essere andato a Parigi in bicicletta, con amici, attraversando le Alpi e le
dogane, da Santarcangelo, in tempi di strade bianche e pedalare…
Tenace
da diventare medico da figlio dell’infermiera, quando a studiare erano i figli
dei signori. Da realizzare il suo sogno di lavorare a Rimini, in Ospedale e
sposarsi e farsi una villa e andare in vacanza e a sciare.
Fino
al giorno in cui tutto cambiò, in un momento, alla fine di un tunnel, un
semplice sottopassaggio ferroviario.
Due
bambine, una corsa per mano, un’auto ed uno schianto. Le sue bambine.
Lui
stesso le aveva ricevute, essendo di turno, e le aveva mandate a Bologna perché
si salvassero. Tutto vano.
Due
tombe vicine e molte preghiere. Nella sua terra natale, fra tanti bambini e
tanti amici.
E
via…pedalare…
Come
un seme caduto nel campo, nel buio della terra, qualcosa spuntò. Nuovi amici, nuova
vita, nuova accoglienza, nuovi bambini. Tanti bambini. Un asilo, una scuola,
tanti asili e tante scuole e tanti ragazzi, tante ragazze.
Li
seguiva nelle vacanze, li aiutava in tutti i modi.
Dolce,
tenero, ilare o arrabbiato.
Sempre "poca acqua nel vino" (ed era astemio!).
Sempre attento, sempre a disposizione.
Sempre "poca acqua nel vino" (ed era astemio!).
Sempre attento, sempre a disposizione.
“Non
è bene che l’uomo sia solo.” Simone ebbe una sorella, una nuova sorella. Chissà
se sarebbe nata la dottoressa dei denti dei bambini? Tutti se lo domandano. E
fu Lucia. Doveva nascere, perché nel nome si rinnovasse di poi anche il ricordo della
nonna infermiera.
Tutto
rinasce nella vita, specie se accolta, curata, accudita, rinnovata.
Sua
moglie fu la molla, risorse per prima.
“Ricorda
che tutte le mattine, quando metti i piedi giù dal letto, c’è un Altro che ama
i tuoi figli più di quanto li ami tu”. Quattro figli per molti figli.
E
fu la scuola.
La
casa di Mimmo, la villetta sull’Ausa, si aprì al mondo: da quei quattro
disgraziati che volevano diventare preti, agli amici preti, alle donne che non
avevano nessuno, alle mamme, alle maestre, a quel sant’uomo che fu il Gius, a
don Giancarlo e alla nonna Maddalena, che andarono ad abitare a casa sua, in
quello che doveva essere il suo ambulatorio privato e non lo fu mai.
Tutta
la vita cambiata, tutti suoi sogni infranti, tutto ridonato.
Ed
il suo amico, il suo grande amico Antonio, medico agopuntore, morto troppo
presto.
E
le partite di calcio al seguito della squadra del Rimini e le partite di
briscola per lunghi pomeriggi con gli amici imprenditori.
I
viaggi per il mondo, il Papa santo, che aveva assistito quando era venuto a
Rimini e Cesena.
Quante
persone ha aiutato il figlio della Martina!
Conosciute,
sconosciute, famose e poverette.
La
pensione, la malattia.
Il
bastone e la carrozzina per chi aveva pedalato 1200 Km, volato dal Brasile al
Sudafrica, attraversato il deserto giordano in camionetta.
Il
3 settembre, il giorno della Festa della Repubblica della Libertà, Mimmo ha
vinto la sua ultima corsa, quella che conta.
Il
figlio della Martina sa fare la maglia, il figlio della Martina ha fatto tante
cose, ha ottenuto il premio della sua lunga fatica. Ha ritrovato le sue bambine
e la sua moglie.
Il
figlio della Martina, il ragazzo che faceva i dispetti, che suonava i
campanelli, che ci ha messo tutto l’impegno per riuscire e che lascia tutto
qui, che amava i bambini e sapeva ascoltare gli anziani, che si arrabbiava ed
era dolce, che voleva poca acqua nel vino, Mimmo, il grande dottore, ci aspetta
tutti nella sua villa che non finisce più.
“Io
so dove suonare il campanello” disse una volta un amico.
Tutti
noi sappiamo dove suonare il campanello, carissimo Mimmo.
Salutami
la Lella e le bambine. Salutami Antonio e tutti quanti.
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