Che bella
giornata di sole stamattina! È Primavera, ma fa freddo.
La tramontana alza le onde del mare, che bianche di schiuma, s'infrangono rumorose sulla spiaggia. Vicina passa la ferrovia e corrono i treni per chissadove. Due ville abbandonate visitate solo da edere rampicanti e finestre murate con qualche palazzina abitata e vecchi hotel in dissoluzione sono le vicine della "Struttura", che pure si trova a due passi dal mare dove ferve la vita estiva e passeggiano le ragazze incantevoli di altri lidi.
La tramontana alza le onde del mare, che bianche di schiuma, s'infrangono rumorose sulla spiaggia. Vicina passa la ferrovia e corrono i treni per chissadove. Due ville abbandonate visitate solo da edere rampicanti e finestre murate con qualche palazzina abitata e vecchi hotel in dissoluzione sono le vicine della "Struttura", che pure si trova a due passi dal mare dove ferve la vita estiva e passeggiano le ragazze incantevoli di altri lidi.
Il sole brilla su tutto, ma il vento consiglia di stare dentro. Per oggi.
Cosa mai potrà fare un maestro abruzzese di 98 anni? Come lo troveremo? Ci riconoscerà?
Per tutta la durata della visita la signora chiederà a gran voce la sua fetta di pagnotta.
Baldanzoso e bene eretto, un po' dimagrito, ma sempre curioso nello sguardo, il Maestro sta camminando fra le parallele secondo il compito assegnatogli dal fisioterapista.
Si volta, ci guarda e sorride.
"Maestro!" Due lacrime commosse corrono accennate dagli occhi lungo il naso.
Giampiero si toglie il cappello. Un maestro è sempre il Maestro.
Poco dopo giungono due amici riminesi, Eraldo e Ido ed ecco la compagnia è completa: con le doverose mascherine si aggiungono Fabrizio e Tobia, recando la pagnotta.
Cantiamo una vecchia
canzone:
Vecchio
scarpone
Quanto tempo è passato
Quanti ricordi fai rivivere tu
Quante canzoni sul tuo passo ho cantato
Che non scordo più
Quanto tempo è passato
Quanti ricordi fai rivivere tu
Quante canzoni sul tuo passo ho cantato
Che non scordo più
Lassù fra le bianche cime
Di nevi eterne immacolate al sol
Cogliemmo le stelle alpine
Per farne dono ad un lontano amor
Cantiamo, ridiamo, sorridiamo, c’interroga e cita in Latino, ci sollecita, ci urge “Tu eri il più bravo e tu il birichino… ricordo tuo padre… e la bidella? Chi la ricorda? Cosa fai? E tu, dove sei?...
Corre veloce il tempo, non sembra vero. Eravamo bambini ed ora...
Il Maestro è sempre lì, sembra rinato. Vediamo un “vecchio”, ma è sempre lui. Ci tratta così, da figli, rispettosamente da figli, cordialmente, fermamente da figli.
Ci sentiamo ancora piccoli, bisognosi di chi adesso ha più bisogno di noi. Noi camminiamo, lui in carrozzina. Lui la mente lucida con qualche piccola mancanza, noi uomini maturi che possiamo ancora guidare un’auto. Uomini.
I due amici riminesi, vengono ogni settimana a trovarlo e insieme leggono i Promessi Sposi. Gli fanno compagnia costante: sono di una stessa fraternità. È bello essere cristiani.
Corre il tempo, passano le ore e nemmeno ci accorgiamo. Siamo contenti di stare insieme. \“Arrivederci, Maestro, alla prossima volta, che non sarà l’ultima” dice Tobia, quando ormai è ora di pranzo. Il Maestro sorride e alza l’indice verso l’alto: a Lui. Lui sa e vuole. Lui, che ci ama, decide.
Fuori il sole è più caldo e la tramontana sembra aver abbandonato la sua forza. Un piccolo aperitivo, un saluto cordiale, un invito e un arrivederci a Sarsina, al paese e al luogo che ha visto nascere, poco dopo la Guerra, un’amicizia e un rispetto oggi ai più sconosciuto, quando bambini pendevamo dalle labbra e dal cuore di questo giovane Maestro abruzzese che ci introduceva alla vita con sua moglie maestra e divenimmo parte della sua famiglia da allora, misteriosamente, per sempre.
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