giovedì, settembre 11, 2025

Lo zio Ceschi

Questa mattina, dopo aver alzato un po' la voce con Bubi, sono andato a fare la spesa, nel capoluogo del Comune dove abito, in un piccolo supermercato un po' nascosto e un po' carino.

Non è che ci siano molti uomini che vanno a fare la spesa, io stesso ce ne ho messo di tempo per  entrare in un negozio e comperare da mangiare. Anni fa, dopo un bel po' di tentativi, sono finalmente riuscito a comperare qualcosa, giusto perché nel negozietto vicino all'Ospedale dove allora lavoravo c'era una commessa davvero gentile e servizievole verso tutti e un giorno gliel'ho anche detto: "Vengo qui solo per Lei". Forse la misi in imbarazzo...

Insomma, sta di fatto che ho acquistato anche un po' di frutta più che altro per i miei amici preti. Oggi, come uso fare a metà mattinata, ho preso una mela di queste, un po' bacata (non me n'ero accorto); era anche un po' vecchia, forse dell'anno scorso, forse conservata male, forse, poveretta, in esposizione da un po' di tempo insieme alle altre.

Per me è un'oscenità pagare le mele 3,99 euro al kg e io avevo comperato quelle a 2,59 ben consapevole che non potevano essere di prima scelta, ma...

Forse dovrei fare come mio zio Ceschi, Francesco Fabbri all'anagrafe civile e per la Chiesa: andare al mercato, guardare, contrattare, avere rapporti, scegliere...

Lo zio Ceschi era un uomo simpatico, grande parlatore, mai offensivo, mai polemico, un uomo buono insomma, un uomo semplice, che si era fatto da sé. Marito della sorella di mia mamma, la zia Pasquina, si era fatto anche la casa da solo, con le proprie mani da muratore.

Lo zio Ceschi andava tutti i giorni al Mercato Coperto; lo si poteva trovare lì ogni mattina, a fare spesa e a chiacchierare con questo e con quello, affabile, curioso, con la battuta sempre pronta, sapeva cosa dire in ogni circostanza e situazione, sempre sorridente. Ecco...

Aveva combattuto contro gli Inglesi, uno di quei soldati che, sconfitti, avevano ricevuto l'onore delle armi a El Alamein. Era stato fatto progioniero e portato in Inghilterra, poi era finito chissà come a lavorare nei campi in America. A suo modo aveva girato il mondo, in tempi in cui solo i signori potevano permettersi di viaggiare. Non ha mai parlato male dei suoi carcerieri, anzi riconosceva di essere stato trattato bene. Poche parole d'inglese e tanti buoni modi per farsi capire e farsi valere, nel rispetto dell'altro. Ho da imparare.

Mia mamma aveva sposato un dottore, sua sorella più piccola Pasquina un muratore, che aveva fatto tanti lavori prima. Una coppia normale, come era successo per tante dopo la Guerra. Si ricominciava a vivere, ci si sposava, i figli, le figlie, i nipoti e la Provvidenza.

Che strana associazione di idee: mela, mercato, zio Ceschi, ieri, oggi, io...

Tutto passa e tutto resta. Lo zio Ceschi non c'è più e nemmeno la mamma, la zia, il babbo e tante cose vissute. La Guerra che non abbiamo mai imparato a considerare senza senso, la guerra dei soldati e la guerra fra di noi, che ti fa alzare la voce e dire "male parole" a chi magari ami o a chi consideri estraneo senza ragione, solo perché è diverso o non conosci o non stimi o non consideri. 

In una mela c'è tutto, in una mela un po' passata ancora di più, forse perché è, forse perché ti fa pensare "e io che sono?" Una mela che c'è e poi non c'è più. Come un niente che conta, che consiste in altro, che ti rimette in pace col mondo intero.

Che strana questa mattina! Che strano è vivere!