Un simpatico signore con i baffi in
mutandini e maglietta a righe orizzontali bianche e blu mi dà il buongiorno in
non so che lingua. Bubi dorme ancora; anche il sole si sveglia tardi in
Sardegna. Il panorama è silenzioso come il mare proprio sotto di noi; la
macchia mediterranea mi accoglie col suo fascino discreto: non ci sono tanti
alberi alti a Baia Sardinia. Siamo ospiti del nostro amico Bongio.
Si parte. Un’altra alba qualche giorno fa,
un altro sole, lo stesso sole ci aveva visto riempire di zaini e valigie l’auto
che fu già di don Giancarlo. E via giù per l’autostrada verso un porto lontano.
Fano, Gubbio, Terni, Viterbo e l’antico sempre attuale porto di Roma. Siamo a
Civitavecchia. Il traghetto per Olbia ci attende già da ore, ma non è lui, un
altro lo sostituisce, più piccolo, più lento, più… Qualcuno si lamenta,
qualcuno obietta e scende con tutta la famiglia. Si parte, non si parte, non si
sa. Quando e come arriveremo? Misteri italiani. Un rimorchiatore si muove, si
avvicina, una pilotina si affianca. Piano piano alle 5 verso il tramonto lo
scafo si muove. Gli orari proposti erano 15,30 con arrivo a Olbia alle 20.
Giungemmo alfin. La notte ci accoglie;
vediamo le luci della costa sarda, sbarchiamo che sono quasi e 2 del nuovo
giorno. Domani è martedì. Bubi non ha fatto una piega. Si è accucciato sulla
poltrona sul ponte in alto, ha chiuso gli occhi ed ha dormito. Col mare un po’
increspato.
Chi percorre mai la strada della Costa
Smeralda alle 3 di notte? Nel silenzio della notte nel buio senza stelle fra
mille curve e deviazioni giungiamo alla meta. Stanchi e sfiniti ci accoglie un
signore gentile, un concierge professionale che ci accompagna fino alla porta
della nostra stanza. Un po’ di frutta, un breve passaggio in bagno e… il sole
del nuovo giorno ci sveglia: non abbiamo chiuso nemmeno le imposte. Rintronati,
dopo una breve preghiera, ci avviamo a colazione.
La casa di vacanze dei nostri amici, la
famiglia Mescolini, è piccola, con una terrazza che guarda il mare. La prima
mattina passa così, su una piccola spiaggetta riparata dal vento quanto basta e
giochiamo a bocce a perdifiato. Nel pomeriggio pioverà e così accade. Nuvole
passeggere che il vento porterà via dicono l’indomani.
Bongio c’invita a cena nel ristorante più
pregiato del suo già pregiato albergo. Una cena fra amici, serviti di tutto
punto dal pane al vino, che scorre bianco pregiato. Si parla di noi, di ciò che
è appena stato e degli anni che ci hanno visto ragazzi e dei figli ancora
piccoli allora. Paolo, lo skipper, accompagna gente a pescare o a girare per
mare. Ha unito la sua passione con il lavoro, così mentre guadagna gode. Marco
e Cristina con quattro ragazzi un più bello dell’altro, dal grande Francesco
alla piccola Matlde, bionda fatina fatata dai lunghi capelli sciolti per
l’occasione, mentre l’Italia conquista il Brasile con un po’ di fatica.
Vinciamo, andremo ai mondiali, di calcio, l’anno che verrà.
Il silenzio di questi posti è incantevole,
come il panorama: il vento è il suono più forte; perfino le onde, che si
frangono sugli scogli o si appoggiano sulla spiaggia, lo fanno con discrezione,
mentre il mare non occupa tutto l’orizzonte, qua e là alcuni scoglio isole
permettono allo sguardo di riposare e vagare curioso.
Uno scoglio sul mare è il luogo adatto per
celebrare la Messa. Non siamo soli. Da uno solo tutto e tutto parla di uno
solo. Tutti cercano la felicità; ad alcuni è data per tutti di conoscere dove
essa si trova. Gesti semplici, elementari, nella loro forma. Senza un po’
d’acqua nemmeno il Mistero può riaccadere, mostrare tutta la sua potenza e
ricchezza. Pochi amici, il cielo, il mare, le rocce e il Mistero che fa tutto.
Il senso del sole che tramonta e del giorno che se ne va. Ed è subito sera.
Scorre veloce questo tempo. Si dorme ed ecco di nuovo un altro mattino. La sera
ci ha visto guardare la storia del Messico schiavo e la lotta per la libertà
del popolo cristiano oppresso dall’ideologia violenta di Calles. Ci sono
martiri i ogni tempo. Solo Cristo rende liberi, allora come adesso. I soliti
gesti mattutini ci trovano pronti e ci preparano alla battaglia quotidiana: il
nulla o il tutto. Na vita senza senso è già la morte. “Viva Cristo Rey!” “Que
viva!”
Dormono le persone in cabina o nei
corridoi, mentre scivola lenta la nave verso l’alba. Uno scoglio minaccioso
s’avanza nel buio, mentre un faro lontano segnala la presenza di un’isola. Luci
sulla costa sono un paese, chissà quale. Il mare appena increspato non fa
paura. Albeggia. La schiuma del mare tagliato scorre lungo i fianchi della
nave. Veglia il pilota che deve condurci a riva. Cielo a pecorelle verso nord;
un bel sereno verso il sole che sta svegliandosi.
Un’amicizia semplice, di fatti semplici,
di gioco di bocce, di brevi dialoghi o intensi, di sguardi aperti, di cibo
condiviso e scherzi, di p0reghiera, di buone colazioni. Una famiglia, un
albergatore, uno skipper, un prete e un pensionato. Un babbo, una mamma e
quattro figli, tre ragazzi ed una signorina, due femmine e due maschi, due
universitari, uno studente ed una scolara. Tutto qui. Sono gli amici del
Destino. Non c’è altro motivo o interesse. Diversi e uniti dall’unica cosa che
conta. Semplicemente in vacanza o semplicemente al lavoro. Semplicemente amici.
Ognuno per la sua parte, così com’è. Così come semplice è il mare e questi
giorni quotidiani, il vanto, il cielo, il sole e la sabbia, la strada e queste
piante salmastre. Un solo Destino, che ad alcuni è dato chiamare per nome. Di
nome per tutti.
Ecco Livorno.