sabato, settembre 28, 2013

Gli amici del Destino


Sardegna 2013

Un simpatico signore con i baffi in mutandini e maglietta a righe orizzontali bianche e blu mi dà il buongiorno in non so che lingua. Bubi dorme ancora; anche il sole si sveglia tardi in Sardegna. Il panorama è silenzioso come il mare proprio sotto di noi; la macchia mediterranea mi accoglie col suo fascino discreto: non ci sono tanti alberi alti a Baia Sardinia. Siamo ospiti del nostro amico Bongio.

Si parte. Un’altra alba qualche giorno fa, un altro sole, lo stesso sole ci aveva visto riempire di zaini e valigie l’auto che fu già di don Giancarlo. E via giù per l’autostrada verso un porto lontano. Fano, Gubbio, Terni, Viterbo e l’antico sempre attuale porto di Roma. Siamo a Civitavecchia. Il traghetto per Olbia ci attende già da ore, ma non è lui, un altro lo sostituisce, più piccolo, più lento, più… Qualcuno si lamenta, qualcuno obietta e scende con tutta la famiglia. Si parte, non si parte, non si sa. Quando e come arriveremo? Misteri italiani. Un rimorchiatore si muove, si avvicina, una pilotina si affianca. Piano piano alle 5 verso il tramonto lo scafo si muove. Gli orari proposti erano 15,30 con arrivo a Olbia alle 20.
Giungemmo alfin. La notte ci accoglie; vediamo le luci della costa sarda, sbarchiamo che sono quasi e 2 del nuovo giorno. Domani è martedì. Bubi non ha fatto una piega. Si è accucciato sulla poltrona sul ponte in alto, ha chiuso gli occhi ed ha dormito. Col mare un po’ increspato.
Chi percorre mai la strada della Costa Smeralda alle 3 di notte? Nel silenzio della notte nel buio senza stelle fra mille curve e deviazioni giungiamo alla meta. Stanchi e sfiniti ci accoglie un signore gentile, un concierge professionale che ci accompagna fino alla porta della nostra stanza. Un po’ di frutta, un breve passaggio in bagno e… il sole del nuovo giorno ci sveglia: non abbiamo chiuso nemmeno le imposte. Rintronati, dopo una breve preghiera, ci avviamo a colazione.

La casa di vacanze dei nostri amici, la famiglia Mescolini, è piccola, con una terrazza che guarda il mare. La prima mattina passa così, su una piccola spiaggetta riparata dal vento quanto basta e giochiamo a bocce a perdifiato. Nel pomeriggio pioverà e così accade. Nuvole passeggere che il vento porterà via dicono l’indomani.

Bongio c’invita a cena nel ristorante più pregiato del suo già pregiato albergo. Una cena fra amici, serviti di tutto punto dal pane al vino, che scorre bianco pregiato. Si parla di noi, di ciò che è appena stato e degli anni che ci hanno visto ragazzi e dei figli ancora piccoli allora. Paolo, lo skipper, accompagna gente a pescare o a girare per mare. Ha unito la sua passione con il lavoro, così mentre guadagna gode. Marco e Cristina con quattro ragazzi un più bello dell’altro, dal grande Francesco alla piccola Matlde, bionda fatina fatata dai lunghi capelli sciolti per l’occasione, mentre l’Italia conquista il Brasile con un po’ di fatica. Vinciamo, andremo ai mondiali, di calcio, l’anno che verrà.

Il silenzio di questi posti è incantevole, come il panorama: il vento è il suono più forte; perfino le onde, che si frangono sugli scogli o si appoggiano sulla spiaggia, lo fanno con discrezione, mentre il mare non occupa tutto l’orizzonte, qua e là alcuni scoglio isole permettono allo sguardo di riposare e vagare curioso.

Uno scoglio sul mare è il luogo adatto per celebrare la Messa. Non siamo soli. Da uno solo tutto e tutto parla di uno solo. Tutti cercano la felicità; ad alcuni è data per tutti di conoscere dove essa si trova. Gesti semplici, elementari, nella loro forma. Senza un po’ d’acqua nemmeno il Mistero può riaccadere, mostrare tutta la sua potenza e ricchezza. Pochi amici, il cielo, il mare, le rocce e il Mistero che fa tutto. Il senso del sole che tramonta e del giorno che se ne va. Ed è subito sera. Scorre veloce questo tempo. Si dorme ed ecco di nuovo un altro mattino. La sera ci ha visto guardare la storia del Messico schiavo e la lotta per la libertà del popolo cristiano oppresso dall’ideologia violenta di Calles. Ci sono martiri i ogni tempo. Solo Cristo rende liberi, allora come adesso. I soliti gesti mattutini ci trovano pronti e ci preparano alla battaglia quotidiana: il nulla o il tutto. Na vita senza senso è già la morte. “Viva Cristo Rey!” “Que viva!”

Dormono le persone in cabina o nei corridoi, mentre scivola lenta la nave verso l’alba. Uno scoglio minaccioso s’avanza nel buio, mentre un faro lontano segnala la presenza di un’isola. Luci sulla costa sono un paese, chissà quale. Il mare appena increspato non fa paura. Albeggia. La schiuma del mare tagliato scorre lungo i fianchi della nave. Veglia il pilota che deve condurci a riva. Cielo a pecorelle verso nord; un bel sereno verso il sole che sta svegliandosi.

Un’amicizia semplice, di fatti semplici, di gioco di bocce, di brevi dialoghi o intensi, di sguardi aperti, di cibo condiviso e scherzi, di p0reghiera, di buone colazioni. Una famiglia, un albergatore, uno skipper, un prete e un pensionato. Un babbo, una mamma e quattro figli, tre ragazzi ed una signorina, due femmine e due maschi, due universitari, uno studente ed una scolara. Tutto qui. Sono gli amici del Destino. Non c’è altro motivo o interesse. Diversi e uniti dall’unica cosa che conta. Semplicemente in vacanza o semplicemente al lavoro. Semplicemente amici. Ognuno per la sua parte, così com’è. Così come semplice è il mare e questi giorni quotidiani, il vanto, il cielo, il sole e la sabbia, la strada e queste piante salmastre. Un solo Destino, che ad alcuni è dato chiamare per nome. Di nome per tutti.


Ecco Livorno.